Una valanga di pratiche rischia di intasare per chissà quanto tempo gli uffici della Nona sezione civile del tribunale di Milano, quella che si occupa di divorzi e separazioni. Se il Senato nei prossimi giorni approverà il testo già approvato dalla Camera, diventerà definitiva la legge sul «divorzio breve», destinata ad accorciare di molto i tempi di dissoluzione dei matrimoni: permettendo a coppie ormai svanite nei fatti di dirsi in fretta l'addio ufficiale. Ma l'urgenza di divorziare dovrà fare i conti con le risorse della giustizia. E, almeno nei primi tempi, le attese saranno ancora robuste prima di incontrarsi per la firma finale nel corridoio degli amori perduti al sesto piano del palazzo di giustizia, dove si affacciano le stanze dei giudici.
La norma attuale prevede che tra la separazione e il divorzio passino tre anni: una pausa di riflessione per dare il tempo a marito e moglie di ripensarci. In realtà, di ripensamenti ne avvengono ben pochi. Con la nuova legge, i tre anni si riducono a sei mesi in caso di accordo tra gli ex coniugi, e ad un anno se c'è contrasto. La legge è retroattiva, e quindi potranno beneficiarne tutte le coppie separate da più di sei mesi. Secondo uno studio del Sole 24 Ore, a Milano si parla di 25.800 divorzi pronti per scattare appena la legge entrerà in vigore: più di cinquantamila milanesi che si sono già in un modo o nell'altro separati, e che non vedono l'ora di tornare del tutto liberi.
Ma cosa accadrà se davvero venticinquemila istanze di divorzio si abbatteranno sugli uffici del tribunale? Ingorgo. Le ultime statistiche disponibili, dicono che nel corso dell'ultimo anno giudiziario sono state pronunciate 3.347 sentenze di divorzio (di cui 2.542 consensuali e 805 giudiziari). A questi ritmi, i divorzi resi possibili dalla nuova legge impiegherebbero otto anni ad essere smaltiti tutti. In sostanza, la maggioranza dei beneficiari tornerà effettivamente celibe quando saranno decorsi anche i termini previsti dalla norma attuale.
Si potrebbe cercare di alzare il tasso di produttività, certo. Ma i dieci giudici che attualmente lavorano alla sezione famiglia sono già oberati di pratiche, e più di tanto non possono fare. Oltretutto, sulla sezione famiglia del tribunale si sono riversati ultimamente molti fascicoli di un genere del tutto nuovo: la regolarizzazione dei figli delle coppie di fatto, che prima erano gestiti dal tribunale dei minori. Cause complicate, anche perché i genitori di queste coppie spesso sono poco o nulla abituati a fare i conti con le regole del diritto, e per accompagnarli verso una decisione condivisa i giudici devono sudare sette camice.
Il vero ostacolo, quello che potrebbe essere rimosso, è la norma che prevede che tutti i divorzi, anche quelli che avvengono in accordo reciproco, vengano sanciti da un tribunale di tre giudici.
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