Sul palco arriva l'odissea delle tute blu

Da "Pioggia" al caso Ilva, il teatro civile e i drammi dell'Italia del lavoro

Sul palco arriva l'odissea delle tute blu

«Il più grande spettacolo dopo il Big Bang». Rubiamo le parole a Jovanotti non per gioire di quel che arriva in palcoscenico, ma per segnalare - con un po' di esagerazione - quanto il lavoro si stia affiancando ai temi soliti e più intimisti del teatro con sempre maggior peso. Vorrà dire qualcosa se in un Paese come il nostro, dove la disoccupazione resta un problema, basta sedersi in poltrona per vedere gente che recita il lavoro.

Al Franco Parenti, forse per la ben nota sensibilità di questo teatro verso i temi civili (stavamo per scrivere sindacali), fino a domani va in scena Pioggia, scritto e diretto da Marco Pezza, con Alberto Astorri, Giovanni Gioia, Alberto Onofrietti, Diego Runko e lo stesso Pezza. La pioggia del titolo accompagna costantemente, ossessione liquida, l'azione. Che ha il baricentro in una casa cantoniera, una delle tante che attirano la nostra blanda attenzione quando percorriamo in auto strade e autostrade. Fausto e Riccardo sono i due operai che devono passare la notte, nella postazione cantiniera, a causa di un'emergenza meteo. Sono chiamati a fare gli straordinari, ore di lavoro che finiranno in busta paga. Ma straordinaria è la notte da fine del mondo, che scardina, prima ancora di strade e paesaggio, i pensieri e le certezze dei due operai. Uomini piccoli di fronte agli elementi della natura.

Uomini che cominciano a conoscersi, avvicinati dall'ansia di una situazione che vivono come una minaccia, quale in fondo è.

La tensione dilaga, più ancora della pioggia, e lo spettacolo resta sul filo dell'attesa di un disastro. Lo spettacolo, realizzato in collaborazione con la Confraternita del Chianti, ha vinto il concorso di drammaturgia Ugo Betti nel 2016. Ancora più drammatico il secondo spettacolo (anzi il terzo, c'è già stato Acciaio liquido, la settimana scorsa) al Parenti, dal 29 al 31 maggio: Capatosta, di Gaetano Colella, con regia di Enrico Messina (in scena Colella e Andrea Simonetti). Qui siamo all'Ilva di Taranto, stabilimento che sta facendo discutere i nuovi governanti; un'antica rogna, ma anche centro industriale che dal 1962 crea lavoro, più che mai necessario soprattutto al Sud.

La storia è una sorta di resoconto drammaturgico della condizione operaia, vista attraverso un metallurgico che lavora da vent'anni nell'acciaieria e un giovane appena assunto.

Tra i due, si dispiega la classica relazione che potrebbe intrecciarsi tra padre e figlio, mentre i bagliori della fabbrica li accompagnano nel loro rivelarsi, illusioni e sogni compresi. Anche Capatosta è spettacolo premiato: ha vinto il bando Storie di lavoro 2015.

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