Il tortino di zucca e fonduta per assaggiare sapori orobici

In gita gastronomica nelle colline a ovest di Bergamo tra sapori di carne, primi piatti, salumi e formaggi

Il tortino di zucca e fonduta per assaggiare sapori orobici

La provincia, il cuore della nostra storia, del nostro percorso culturale, del nostro viaggio goloso. Vi si annidano misteri e sapori. Per cui in questo venerdì di metà febbraio ci immergiamo tra pianura e colline a ovest di Bergamo. Usciamo dalla A4 a Dalmine e annodiamo il filo d'Arianna della gola e delle bellezza. A Curno, nel 1969, nasceva una trattoria, con il nome del fondatore, «Tone», nonno di Fiorenzo Innocenti, attuale patron. Come altri luoghi che visiteremo, anche qui una classica trattoria si è evoluta in un ristorante che non dimentica le origini: tortino di zucca con asparagi e fonduta di Branzi, risotto al verde d'erbe con ragù di coniglio, filetto di maialino in crosta con crema di mele.

Nel centro storico di Ponte San Pietro, all'interno di una corte cinquecentesca, Giuseppe Cereda propone le sue idee: anguilla, aceto e zucca; tortello al tartufo nero e ragù di selvaggina; germano reale, rabarbaro, scalogno. I locali che visitiamo sono ospitati in luoghi deliziosi, antiche corti, splendide ville di provincia. L'Antica Osteria dei Camelì di Ambivere, dal 1856 appartiene alla stessa famiglia. Qui proviamo il wafer non pressato al salmone «controcorrente», le sue uova al naturale e maionese; gli immancabili casoncelli e un fritto di mare e verdure leggero e croccante.

L'affascinante Rotonda di San Tomé, un edificio ecclesiale a pianta circolare in stile romanico, ci introduce nel territorio di Almenno San Bartolomeo. Di qui passava la via militare della Rezia. Al principio fu un'edicola, poi divenne chiesa, convento e rifugio d'eremiti. Per quattro secoli fu contesa tra le parrocchie di Almenno San Salvatore e Almenno San Bartolomeo. Nel 1906 fu questa a spuntarla. Si fanno strani incontri da queste parti, terra di garibaldini. Giuseppe Locatelli, dell'Antica Osteria Giubì, è pronipote di uno dei Mille. Grande cantina, cucina di sostanza: polpettine di Chianina, salumi e formaggi, strozzapreti alla pancetta, brasato cotto nel coccio.

Per rinfrescare il palato, deviazione alla gelateria-pasticceria la Pasqualina. Ottimi i gelati, da materia prima di qualità e poi il cioccolato e tutta la pasticceria, dalle brioche al plumcake.

Curioso e stimolante il Museo del Falegname nato nel 1987 dalla passione di Tino Sana. Tre piani, 3.500 metri quadrati che ci introducono nel cuore di un'arte antica, ripercorrendo la storia di mestieri spesso perduti come il seggiolaio, il modellista, il carraio, l'intarsiatore, il bottaio, il liutaio. In mostra oggetti, dai carri alle carrozze, dai burattini alle biciclette. Accanto al Museo c'è la scuola che insegna questa arte.

Saliamo in Collina, in tutti i sensi. Dalle vetrate delle eleganti sale del ristorante della famiglia Cornali lo sguardo spazia «fin dove si perde» (Guccini). Alle pareti una galleria d'arte, in tavola le creazioni di Mario Cornali. Alla fine degli anni '50 c'era un chioschetto sulla provinciale per la Roncola, ora c'è un ristorante raffinato che fa ricerca mantenendo la passione per il pesce d'acqua dolce: carpaccio di salmerino di Preore agrì e mandarino; risotto al nero venere, salsa spinaci e fondente di missoltino; rurale, una porta sull'orto (letteralmente un pezzo di porta con una serie di verdure poggiate sopra, curioso); lumache ceci e sugo d'arrosto; l'affascinante «agrumeto», quasi un quadro astratto creato davanti ai commensali con i vari agrumi.

Piegando a ovest, incontriamo, in una splendida villa Settecentesca, il ristorante della famiglia Frosio, quattro salette e una torre del XIII secolo, che ospita la cantina. Dal menu: uovo a sorpresa con cavolfiore e spugnole; casoncelli di faraona salsa alla cacciatora; zuppa di coratella d'agnello e cavolo nero, ma anche pesce.

Finale in gloria all'Osteria della Brughiera il bellissimo ristorante di Stefano Arrigoni. Clima permettendo, ci si accomoda nel dehors. Le origini pontremolesi sono testimoniate dai testaroli al pesto di rapa rossa e basilico, latticello e fava tonka.

Scegliamo poi l'insalata del buongustaio con coscette di quaglia arrostite, chutney di ciliegie e foie gras e zucca, zola e zenzero (cappelletti alla bourguignonne). Non manca il pesce ma ci facciamo tentare dal piccione laccato con fondo vegetale, carciofi alla brace, estratti di alloro ed erba cipollina. Ah, la provincia.

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