Cronaca locale

Uccisa da 33 coltellate nei bagni della Cattolica Mai catturato l'assassino

Simonetta Ferrero ammazzata 47 anni fa Il killer e il suo movente ancora da trovare

Uccisa da 33 coltellate nei bagni della Cattolica Mai catturato l'assassino

Fa caldo, davvero molto caldo quel 24 luglio 1971. È un sabato d'estate e Milano va svuotandosi. Tutti in fuga dall'afa opprimente. Anche Simonetta Ferrero è sul piede di partenza. Ha il biglietto d'aereo per la Corsica, dove trascorrerà due settimane di vacanza con papà, mamma e le due sorelle. Parte in serata e ha tutto il tempo per sbrigare le ultime faccende; esce di casa, da via Osoppo, alle 10 del mattino. Indossa un abito leggero, azzurro, con i fiorellini.

Munny - questo è il suo soprannome tra familiari e intimi amici - non è una ragazza di quelle che fermano il traffico. È graziosa, compita e sapeva farsi strada nei cuori di chi la conosceva. Amava il suo lavoro ed era apprezzata dai superiori che l'hanno sempre descritta come l'impiegata perfetta. Trascorreva una vita serena, tranquilla, senza segreti. Si era laureata un paio di anni prima alla Cattolica in Scienze Politiche, era rispettosa di se stessa e dell'ambiente familiare. Qualche liaison ma nulla di importante o che possa preoccupare; una donna con la vita davanti, piena di estro e simpatia. Adorava il cinema, era una dama di san Vincenzo e infermiera volontaria alla Croce Rossa. La sua è una famiglia modello, con genitori lavoratori virtuosi, una sorella assistente universitaria di chimica alla Statale e l'altra studentessa di biologia.

Quel 24 luglio 1971 Simonetta va in corso Vercelli ed entra in una tappezzeria, poi prosegue verso una libreria di corso Magenta dove acquista un dizionario di cui è ritrovato lo scontrino marcato con l'orario 10.37 e, all'uscita, entra in una profumeria di via Carducci dove acquista cosmetici. Terminato lo shopping, s'incammina verso la Cattolica. Il motivo è un mistero. Forse ha un appuntamento con un'amica che le aveva chiesto le dispense di Giurisprudenza. Sono da poco passate le 11. Da questo momento, di Munny nessuno sa più nulla fino alla mattina di lunedì 26, quando il seminarista Mario Toso, ventunenne studente di filosofia, sale la scala del blocco G dell'ateneo e si ferma all'ammezzato. Incuriosito dal rumore d'acqua scrosciante che viene dai bagni femminili, entra e - riversa sul fianco destro con il vestito azzurro a fiorellini alzato fin sopra la coscia - trova il corpo di Simonetta. Tutt'intorno sangue, impronte e ancora sangue.

Una scena raccapricciante. Ben 33 coltellate, di cui sette risulteranno mortali, avevano dilaniato il corpo della ragazza che ha lottato strenuamente e si è difesa con tutte le sue forze. Agghiacciante la calma con cui il mostro si è poi lavato le mani e il viso sicuramente graffiati da Simonetta, che sotto le unghie aveva frammenti di pelle del killer.

Freddissima anche la scelta di tempo per colpire. Con ogni probabilità l'assassino deve aver seguito la giovane fino a sorprenderla in un luogo appartato. Nessuna violenza sessuale secondo l'autopsia e vane le grida della Ferrero, coperte dal rumore assordante del martello pneumatico che stava lavorando al piano terra, complice involontario di un maniaco spietato e sanguinario. Gli inquirenti attribuiscono una simile atrocità a uno squilibrato mentale. Si apre la caccia al folle.

Intanto si scopre che intorno alla Cattolica ruota un mondo di guardoni, personaggi loschi, tipi strani che seguono le ragazze fin dal loro viaggio in treno, se arrivano dai paesi limitrofi. Un sottobosco di piccole perversioni nel quale le forze dell'ordine cercano disperatamente un appiglio, un particolare, qualcosa a cui aggrapparsi per cominciare a costruire il disegno di ciò che deve essere successo quel maledetto sabato mattina.

Tuttavia nulla scalfisce il muro di silenzio che circonda l'incredibile delitto dell'ateneo meneghino, ogni pista porta inevitabilmente a una strada senza uscita, a un vicolo cieco. La polizia inizia a pensare che l'assassino di Munny non abbia abbandonato l'università se non il lunedì mattina; quindi decide di isolarla alla ricerca di un fantomatico nascondiglio che non sarà mai trovato, per il semplice motivo che nessuno è rimasto due giorni accanto al cadavere della povera Simonetta in attesa della riapertura di inizio settimana.

L'indiziato principale diventa proprio il seminarista Toso, ma poi anch'egli esce di scena. Nemmeno si capisce che cosa faccia o se sia mai diventato prete. Altri prenderanno il suo posto, ma nessuno verrà incriminato. Un susseguirsi di figure borderline si avvicendano negli uffici della polizia; a metà agosto saranno oltre 300 le persone interrogate, senza nessuna svolta nelle indagini.

Il giallo sembra riaprirsi vent'anni dopo, quando viene chiamato in causa un religioso che allora abitava nel pensionato «Domus Nostra» ma non venne mai inquisito, così come una piccola parte spetta anche a un altro religioso, che ad inizio anni Settanta era stato padre spirituale in Cattolica. Da qui era stato poi allontanato in seguito a una lettera in cui lo si accusava di molestie sessuali nei confronti di alcune ragazze.

Fu una pista infondata ma tanto bastò. Il mistero resta.

Un'unica drammatica realtà: 47 anni dopo, ancora nessuno sa chi abbia ucciso Simonetta Ferrero in un assolato sabato di fine luglio nei bagni deserti dell'università.

Commenti