A Varese espone l'artista che ha reinventato la Pietà

A Villa Panza la collezione di opere di Barry Ball: la rilettura di Michelangelo arriverà al Castello

A Varese espone l'artista che ha reinventato la Pietà

Francesca Amè

È un Barry Ball emozionato quello che si aggira per le stanze di Villa Panza, a Varese, la dimora che, in felice connubio tra architettura settecentesca e giardini ben curati, accoglie l'ampia e raffinata collezione d'arte contemporanea di Giuseppe Panza, ora gestita dal Fai.

Sono spazi che Barry Ball, 63enne scultore californiano, conosce bene: venticinque anni fa, in uno dei suoi viaggi in Europa, creò un sodalizio con il collezionista milanese, che poi acquistò e portò a Varese gran parte dei suoi primi lavori. In The end of history (fino al 9 dicembre) troviamo tra la sessantina di opere esposte, realizzate dagli anni Ottanta ad oggi, molti di quei primi, cesellati lavori in oro, icone religiose contemporanee che Giuseppe Panza amava.

Fu l'inizio della storia: Panza presentò a Ball Laura Mattioli che oggi, insieme ad Anna Bernardini, direttrice Villa Panza, ha curato l'esposizione con dedizione speciale, trasformandola nella sua prima retrospettiva completa. In giornate dense di inaugurazioni, con un mercato dell'arte al perenne inseguimento della novità, Barry Ball segue una strada poco battuta: cerca l'intensità che solo l'arte antica comunica e la declina, con equilibrata sintesi tra perizia tecnologica e abilità artigianale.

«Portraits» e «Masterpieces», inseriti nelle sale del primo piano della villa e nelle rimesse per le carrozze, si sposano con l'ambiente presentandosi come installazioni site specific. Sono lavori figli di un cambiamento raggiunto da Ball dopo aver affinato una particolare tecnica che, partendo da modelli digitali tridimensionali, concepisce sculture in pietra, dall'onice candida al nero marmo belga passando per alabastri dai toni cangianti: i pezzi sono tagliati da robot e poi finiti a mano, grazie a migliaia di ore passate nell'atelier di Brooklyn e con la collaborazione di un nutrito staff. Ne escono ritratti (come quello in lapislazzuli e oro di Laura Martioli o del ragazzo che fa la linguaccia), autoritratti in onice bianca e rossa o in un cesellato argento placcato oro e sculture ispirate ai capolavori della storia dell'arte.

«L'Ermafrodito dormiente», nero e lucido, «Purity» e «Envy», dittico bianco e nero di una donna velata, con il tessuto del capo che pare leggero come una nuvola ma è di marmo, strizzano l'occhio all'arte classica mentre «Perfect Forms» in ottone è ispirato all'uomo di Boccioni. Poggiate sui mobili o appese al soffitto, le opere non hanno nulla di dissacrante: Ball è rispettoso dei maestri del passato.

Emblematica è la sua interpretazione della Pietà Rondanini: la candida, lucida scultura di Ball si trova ora nella sala del Castello Sforzesco, dentro l'allestimento pensato per il capolavoro michelangiolesco, quando fu creato nell'ex ospedale spagnolo il nuovo museo della Pietà (un passaggio che ha aumentato del 200% i visitatori). Insieme a un potente gruppo di teste dedicate al collezionista e amico Giuseppe Panza, la Pietà by Barry Ball rimarrà al Castello fino al 2020, quando sarà avviato il riallestimento della collezione cinquecentesca.

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