«La vera emergenza ora è settentrionale»

«Qui occorre un’azione politica che ponga la questione settentrionale. La responsabilità del Nord è di guidare l’Italia nella competizione internazionale. Ma per farlo ci vogliono infrastrutture e soldi pubblici per realizzarle». Il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici lo ripete una, due, tre volte perché sia chiaro qual è, a suo parere, il nodo delle minacce degli «scippi» romani. L’ultimo, dopo il Giro d’Italia, secondo la rivista Women’s Wear Daily sarebbe proprio quello delle passerelle della moda che potrebbero essere trasferite nella capitale. Snocciola i dati europei sulla situazione lombarda e sbuffa: «Siamo al quattordicesimo posto a livello nazionale per le infrastrutture. Non si tratta di campanilismo, ma del ruolo che le nostre regioni hanno verso l’Italia intera. Ci diano i mezzi e ci sostengano in questa azione di traino, invece di portarceli via».
Ma allora l’idea di creare una lobby e un tavolo della creatività per difendere Milano, sono poco efficaci?
«Per carità. La lobby è una cosa buona così come la spinta a rimboccarci le maniche che rispecchia il più genuino spirito lombardo. Ma è insufficiente e ormai ha fatto il suo tempo. Andava bene negli anni del boom, quando nell’economia dominava il privato. Ora purtroppo c’è un’avocazione alla mano pubblica di ingenti risorse che non trova equivalente in altrettanti investimenti».
D’accordo, torniamo però al fatto che Roma minaccia di toglierci la settimana della moda.
«Il problema è quello di una capitale che tende ad assumere il ruolo di prima città, in tutti i campi. E in Italia una capitale dominante non va bene. Senza contare che non è Roma a creare eventi nuovi, ma a fagocitare quelli che altri hanno già ideato. Invece dovrebbe militare a favore delle metropoli minori, non invadere il campo. Se comincia così, tutto è suo. Come capitale, è privilegiata da una legislazione speciale e ha mezzi finanziari particolari. Il quadro ci dice che quest’ottica non è accettabile. Anche perché nel bilancio economico, sono la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto a sostenere l’Italia. Non Roma e il Lazio».
E quindi da dove si può iniziare perché Milano torni ad avere l’appeal per imprese, stilisti e manifestazioni sportive?
«Il punto di partenza è proprio la questione politica. Che non deve essere centrata solo sulla nostra città, ma deve avere un respiro più ampio. È un problema che va sostenuto politicamente, cosa che non si sta facendo. E noi stiamo perdendo colpi».
Come il giro d’Italia che non passerà nemmeno da qui, forse anche per la mancanza di strutture adeguate...
«Essendo la vita pubblica legata sempre di più alla presenza delle infrastrutture, è fuori di dubbio che dove ci sono maggiori investimenti, là si convoglino le attività».
Lei dice che c’è bisogno di rimarcare la questione settentrionale. Concretamente, cosa si può fare?
«Innanzitutto agitare il problema in tutte le sedi politiche e non solo a livello locale.

Si devono schierare tutta la Lombardia e l’alta Italia: l’azione deve essere pilotata da Comune di Milano insieme a tutte le province. E chissà che non si riesca a capire che indebolendo la Lombardia, ci perde tutto il Paese...».

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