Millantatori e snob sul divano di Lady Molly

Parafrasando un’asserzione del giovane, intollerante François Truffaut si potrebbe sostenere, con ampio beneficio d’inventario, che «certa narrativa inglese (tra gli anni Trenta e Sessanta) risulta soltanto una contraddizione in termini». Nel senso che, constatata la sostanziale pochezza di alcuni autori e dei rispettivi parti creativi, ci si trova di fronte, in genere, a opere che, pur formalmente dignitose e scorrevoli, si rivelano, ad un vaglio rigoroso, inessenziali, quando non frutto di un manierismo esasperato quanto vacuo.
È il caso di Nel salotto di Lady Molly (Fazi, pagg. 274, euro 18,50, traduzione di Silvia Castoldi), quarto di dodici romanzi del ciclo Una danza alla musica del tempo dell’inglese Anthony Dymoke Powell (1905-2000), autore di formazione culturale canonica: Eton e poi Oxford, quindi frequentazioni, esperienze composite al di qua e al di là dell’Atlantico. Coevo di autori compatrioti eccentrici quali Evelyn Waugh, George Orwell, Graham Greene, Powell è stato accreditato di prodiga considerazione in ragione del fatto - vero o presunto - ch’egli scrivesse «alla moda» di Hemingway, ma gli stessi Greene e Waugh ostentavano nei suoi confronti una poco lusinghiera sufficienza. Insomma, se qualche pregio si vuole cogliere nei libri di Powell, esso va ricercato nelle incursioni letterarie brillanti sul costume tutto britannico dei riti, degli snobismi artefatti dell’upper class. Tutto ciò a dispetto di iperbolici quanto indebiti commenti come «il Marcel Proust d’Inghilterra», «uno scrittore sofisticato e di classe», «architettura narrativa di generosa eleganza».
In Nel salotto di Lady Molly la vicenda si dipana nel décor ambientale-sociologico dell’asfittica società inglese degli incipienti anni ’30 in cui s’ingolfa Nicholas, scafato giovanotto occupato in uno studio cinematografico come sceneggiatore. Veleggiando verso i trent’anni, il Nostro si guarda attorno e va di qua, di là incontrando velleitari personaggi pari suoi nell’intento - se capita - di accasarsi per il meglio. A tale scopo frequenta la casa della disinibita Molly Jeavons, luogo deputato di snob e millantatori di medio calibro in vena di contrabbandarsi per ciò che non sono.

Dài e dài Nicholas incrocia la donna giusta, Isobell Tolland, anche se resta la sensazione che, all’approssimarsi degli anni ’40, i problemi di Nicholas (e dei suoi insulsi contemporanei) rischino di essere di ben più drammatica consistenza.

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