Forse il fatto che Bush abbia osato dire «guerra mondiale», fantasma osceno della psiche europea che infatti ha scandalizzato molti esponendo una realtà invisa, ci salverà dallo scontro atomico, stabilirà una logica di responsabilità e deterrenza.
“Mondiale“ vuole dire che Putin d’ora in avanti non sarà più solo un Marlon Brando del Kgb duro ma in fondo democratico: la Russia è dentro fino al collo alla minaccia che incombe sul mondo. Putin, peraltro, l’ha tranquillamento riconfermato ieri a un mesto Ehud Olmert dicendo: «Noi difenderemo l’Iran e siamo molto, molto importanti in questo ruolo». La «lunga crepuscolare battaglia» della Guerra Fredda, come la chiamò John Kennedy, è di nuovo qui, e come quella può giungere al calor bianco; ma nessuno, dice in sostanza Bush a Putin e Ahmadinejad, imporrà la bomba agli Usa. I due sono avvertiti: se la costruzione prosegue, se l’Europa continua come ha fatto lunedì scorso a Bruxelles a rimandare ogni pressione unitaria per le sanzioni, allora, sembra dire il presidente Usa, piuttosto che una Guerra Mondiale si avrà un attacco agli impianti nucleari. Ma il messaggio di Bush è complesso. Prima di tutto, indica la certezza che Ahmadinejad stia perseguendo la bomba. Anche Shimon Peres ieri ha detto: «Basta guardare per capire che chi non sta costruendo l’atomica non si dota di missili di 3-4000 chilometri di gittata capaci di portare quel tipo di testate».
Ma Bush ci indica soprattutto la realtà che seguitiamo a censurare dal 2005, anno in cui Ahmadinejad è andato al potere: l’Iran e la Russia, l’uno per un fine jihadista e l’altra per motivi imperiali, si sono galvanizzati a vicenda e l’organizzazione della loro egemonia approfitta dei disegni messianici di Ahmadinejad da una parte e di quelli neo-sovietici dall’altra.
Sullo sfondo, la Corea del Nord, la Cina, e persino Chavez e Castro, tutti partigiani interessati di un Iran che minaccia di distruzione Israele e che prepara missili che possono arrivare ben oltre.
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