RomaLa decisione spetta a Lei, il direttore generale che deve traghettare la Rai (e navigare lei stessa...) dalla stagione berlusconiana, che lha promossa a quel prestigioso incarico, alla Rai dei Professori. Il passaggio è stretto come un ago, e il primo scoglio si chiama Minzolini. Se il direttore del Tg1 traballa, non è che il direttore generale sia in una condizione più semplice. Per statuto è al dg che spetta il potere di proposta (di nomine, spostamenti e rimozioni), mentre il cda può solo decidere e votare le proposte. Dunque è la Lei che deve proporre una soluzione per la questione Minzolini, dopo il rinvio a giudizio per peculato del direttore del Tg1 (vicenda molto controversa).
Ma il consiglio di amministrazione è spaccato, con una maggioranza di centrodestra (Lega-Pdl e in più Petroni, importante consigliere nominato dal Tesoro) che attualmente è schierata a difesa di Minzolini, mentre il consigliere casiniano De Laurentiis, i due del Pd (Nervo e Van Straten) con lappoggio del presidente Garimberti puntano alla rimozione del direttore. E la Lei? È diventata direttore generale con il centrodestra, ma è anche in quota Udc, e come capo di unazienda controllata dal ministero dellEconomia risponde a quello, e lì ora cè Monti.
La prima mossa, a sorpresa, lascia intuire che la Lei si sia orientata per una soluzione «punitiva». La Rai si è infatti costituita parte civile nel procedimento su Minzolini, e la decisione è stata presa dalla Lei e dal presidente Garimberti, senza che il cda fosse stato consultato. Tra laltro, fanno notare fonti di Viale Mazzini, è la prima volta che succede, nemmeno quando alcuni giornalisti Rai sono stati coinvolti in Calciopoli lazienda si è mai costituita parte civile. Con Minzolini sì, e subito dopo il rinvio a giudizio, mentre cera tempo fino al 7 marzo 2012. Una scelta di campo per la Lei, quindi? Così viene interpretata da molti.
Ma su che basi legali il dg motiverebbe uno spostamento del direttore del Tg1? Tutto ruota attorno ad una norma, che nellinterpretazione della Lei e del presidente Rai renderebbe automatico il siluramento. Si tratta dellarticolo 3 di una legge del 2001, per cui se un dipendente viene processato, «lamministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso». Dovè il problema? È che la legge riguarda «i dipendenti delle amministrazioni pubbliche», e la Rai non è unamministrazione pubblica tout court, anche se è controllata dal ministero dellEconomia. Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che è «assimilabile» ad una Pa, ma non lo è. E questa seconda interpretazione è stata usata proprio dal dg Lorenza Lei, quando chiese laumento del suo stipendio nel passaggio da vicedirettore generale a direttore. «Bisogna rispettare il tetto della legge Brunetta», cioè il limite massimo per i dirigenti della pubblica amministrazione, fu obiettato in cda. Ma la risposta fu che la Rai non è un ente pubblico, quindi quel tetto non vale.
Ora, con Minzolini da mandare via, la Rai torna ad essere un ente pubblico. Ma il Pdl (primo partito di maggioranza) e il Cavaliere in persona sono con il direttore del Tg1. Dunque? Un bel rebus. Minzolini (che ha restituito tutti i soldi contestati, tutte trasferte autorizzate e firmate dalla segreteria di redazione, con una circolare del 2003 che specifica che i dirigenti non devono scrivere la motivazione del pranzo di lavoro...) non ha la minima intenzione di darla vinta ai «trogloditi» (termine suo) che gli hanno giurato guerra solo per motivi politici. Quindi uno spostamento in una sede estera di pregio (New York, Madrid, Mosca), probabile mossa della Lei lunedì, al cda straordinario, verrebbe respinto dal diretto interessato.
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