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«Il mio Andrea ucciso dalle banche e dal bar appena acquistato»

(...)In viale Monza questa sera potrebbe esserci anche Arcangelo, fratello della vittima, 58 anni, piccolo artigiano con due dipendenti. «Devo ancora sentire mia cognata e mio nipote, ma credo proprio di partecipare, perché il problema del credito è pressante. Ai grandi industriali e agli operai ci pensa infatti lo Stato, a noi nessuno. Per questo dico che le banche hanno ucciso Andrea con la complicità delle istituzioni». Certo i familiari conoscevano la sua difficile situazione economica. «Sapevo che aveva dei problemi, ma non la reale entità dell’indebitamento - osserva il fratello -. L’anno scorso mi aveva chiesto aiuto, l’ho sostenuto, come in un’altra occasione lui aveva fatto con me. Poi improvvisamente basta. Forse sapeva che anch’io non me la passavo bene e ha temuto di trascinarmi nella sua rovina». Eppure, suo fratello gestiva un bar avviato... «Due anni fa gli è capitata un’occasione, un bar in zona Missaglia e l’ha comprato - spiega Sannicandro -. Poi è esplosa la crisi economica e non è più riuscito a far fronte agli impegni. E le banche appena capiscono che ti trovi in difficoltà chiudono i rubinetti. Ti sollecitano anche per poche decine di euro di scoperto. E dopo aver chiesto aiuto a me e agli amici, per non gravare su di noi ha preferito gli strozzini». Ma non ha trovato il coraggio di confidarsi. «Gli chiedevo sempre come andasse e lui rispondeva che era dura ma che ce l’avrebbe fatta - ricorda il fratello -. Mi avesse confidato che la situazione era così drammatica avrei ipotecato casa. Credo che proprio per questo lui non mi abbia spiegato i suoi problemi». Nessuno sa di quanto fosse esposto. «Non lo sappiamo ancora, stiamo andando a guardare nei vari conti - dice ancora il fratello -. E poi vedremo se l’usuraio avrà il coraggio di venire a chiedere i suoi soldi». Lei avrà cercato comunque di stargli vicino... «L’ultima volta l’ho visto sabato 11, poi ci siamo sentiti per telefono. Sabato 18 sono passato per il bar e l’ho trovato stranamente chiuso. Ho chiamato e ho trovato i cellulari spenti, poi suo figlio mi ha spiegato che aveva portato la moglie in gita». Forse aveva già deciso di uccidersi e voleva regalarsi l’ultimo scampolo di felicità con la donna amata. «Temo di sì - prosegue -. Domenica sera, accompagnata a casa mia cognata, è tornato al bar con una scusa, dicendole di non aspettarlo alzata.

Lei s’è addormentata ma alle 5 s’è svegliata e non trovandolo ha provato inutilmente a chiamarlo. Poi alle 6.30 la dipendente è andata ad aprire il bar e l’ha trovato. Che altro posso dirle: era un uomo forte e generoso, nella sua vita ha sempre aiutato tutti e adesso che aveva lui bisogno d’aiuto...»

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