«Il mio ex mi perseguita ma è libero»

MilanoQuando ha saputo del duplice delitto dell’«uomo che odiava le donne», Antonella ha pensato alla fine che potrebbe fare anche lei. «Dopo 15 anni di maltrattamenti ho trovato la forza di lasciarlo e lui, dopo nuovi pestaggi e minacce, ha sparato contro casa. L’ho fatto arrestare, ma dopo 24 ore il magistrato l’ha rimesso fuori e per me è iniziato il terrore». Antonella ha 35 anni e gli occhi stanchi per la dura vita passata con Mario, suo coetaneo, un balordo cocainomane e violento. «Ho sopportato, un po’ per paura, un po’ per la sindrome di Stoccolma, che porta le vittime a solidarizzare con i carnefici, un po’ perché ritenevo “normale” un rapporto così. Anche se nel 1999 avevo trovato la forza di lasciarlo».
E lui come ha reagito
«Mi ha sequestrato e violentato. L’ho denunciato, è stato condannato a tre anni e otto mesi, che però non ha mai scontato».
E così lei l’ha poi sposato.
«Sì, nel 2001, poi sono nati i nostri tre figli. Ma lui ha sempre continuato a maltrattarmi sospettandomi di continui e inesistenti tradimenti. Ogni pretesto era buono per insultarmi, sputarmi addosso, trascinarmi per i capelli, prendermi a schiaffi. E se piangevo, picchiava più forte perché diceva che erano scuse per impietosirlo».
Subito dopo è arrivato l’arresto.
«Nel 2002, per droga. Ha poi scontato quattro anni tra carcere e domiciliari e quei giorni, costretto a rimanere a casa, sono stati i peggiori della mia vita».
Lei non ha mai reagito?
«Sono andato due volte dalla polizia, lui è stato chiamato in commissariato, giurava di non picchiarmi più, ma poi ha ricominciato peggio di prima».
Poi è arrivata la ribellione
«Casuale. Due mesi fa, mi stavo depilando le gambe, lui mi ha detto che ero una poco di buono e lo facevo perché avevo un amante, io gli ho detto di andarsene e lui l’ha fatto. Salvo tornare qualche giorno dopo e buttare giù la porta. Io ho chiamato i carabinieri e lui è scappato».
Poi altri due pestaggi per strada e infine arriviamo alla sparatoria.
«La sera del 26 giugno mi ha chiamato e mi ha detto: “Indovina con cosa sto arrivando” e ho sentito due detonazioni. Il tempo di chiamare i carabinieri e lui era già qui sotto dove ha sparato ancora verso la mia finestra. Poi la fuga».
Dopo l’arresto ha detto di aver sparato a salve, anche se poi ha buttato via la «prova» cioè la pistola.
«Io invece credo fosse un’arma vera. Come credo anche che lui sia pronto a usarla contro di me».
Dopo 24 ore è stato scarcerato per consentirgli di lavorare.
«Che rabbia ho provato, ho sentito che lo Stato non c’era, non voleva proteggermi. Vorrei tanto incontrare il magistrato, guardarlo in faccia e chiedergli se riesce a dormire sereno. Perché io non ce la faccio. Ho paura che mi ammazzi».


E quando ha saputo delle due donne uccise?
«Ho visto il mio destino».
Lui si è più fatto vivo?
«Non lo sento da 5 giorni, ma quando esco mi guardo attorno e lo vedo dietro ogni angolo con la pistola in mano».

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