«Mio marito moriva e chi doveva tutelarlo lo ha abbandonato»

Una vedova: dai sindacalisti non ha avuto il minimo aiuto

nostro inviato a Latina

L'odore della gomma la perseguita ancora. «Quando Salvatore arrivava a casa, si faceva la doccia una, due, tre volte, ma non c'era niente da fare. La gomma era dappertutto, impregnava i vestiti, le lenzuola, si attaccava alla pelle come una maledizione». Salvatore non c'è più da tre anni, stroncato da un tumore alla vescica. «Io glielo dicevo: fatti controllare, fatti controllare, le analisi sono sballate. Ma lui scrollava le spalle, rassegnato. A chi rivolgersi? Non c'era nessuno che ci ascoltasse». Maria Sibilio piange. «Mio marito era all'inceneritore, uno dei reparti più pericolosi, nessuno ci diceva niente, noi sospettavamo, avevamo le nostre paure, ma alla Goodyear tutto andava avanti come se niente fosse».
La signora Maria è nello studio dell'avvocato Ezio Bonanni, l'unica persona di cui si fida e a cui ha consegnato tutte le carte; al suo fianco, un'altra vedova: Franca Bragalone. Storie di tumori, dolori interminabili, un calvario di visite, ricoveri, umiliazioni, poi la morte. Le due donne si conoscono appena, ma si capiscono al volo. Cosa sapevano?
Maria Sibilio allarga ancora le braccia: «Io non so quanto sapessero, so che tutti i medici mi dicevano: “signora, potrebbe esserci una relazione fra il tumore e la sua situazione professionale”. E so che mio marito era iscritto alla Cisl, come tanti altri lavoratori alla Goodyear. Ma dalla fabbrica arrivavano sempre le stesse voci: del destino di quelli come mio marito non importava niente a nessuno. Lui soffriva, anche Cristo in croce ha sofferto, ma così...».
La signora Franca la interrompe: «Io non credo più a niente, mio marito è passato da un ospedale all'altro per dodici anni, dodici anni, e poi è morto in modo spaventoso, divorato da un tumore raro. È scoppiato, sa cosa vuol dire esploso?».
Maria ascolta dolente. «Io so che Salvatore e Fernando, il marito della signora Franca, andavano a farsi controllare dal dottore della fabbrica. Ma lui pure ripeteva che tutto andava bene, tutto era a posto, tutto in ordine. E invece mio marito moriva».
Per la cronaca C. S., il medico aziendale a sua volta morto, era il punto di raccordo fra i vertici dell'azienda e i sindacati. Lui stesso, in una dichiarazione del 20 novembre ’96, forse dovuta a una crisi di coscienza qualche tempo prima di morire, scrive: «Sono stato pregato di pagare... il signor V. B. il quale mi è stato da loro indicato quale mio unico referente per finanziare in nero i sindacati. Tali importi sono arrivati a circa 100 milioni nell'ultimo anno». Erano almeno due i rappresentanti dei lavoratori che percepivano compensi sottobanco.
La signora Maria alza le spalle: «Salvatore fu assunto nel '67, passò da un reparto all'altro, poi finì all'inceneritore, uno dei siti più pericolosi dello stabilimento... Quando tornava a casa, la sera, la faccia era una maschera, ricoperta di gomma, si vedevano solo le labbra. Dal '92 i valori erano fuori posto, globuli bianchi, globuli rossi, un disastro. Nel '98 la diagnosi, terribile: tumore alla vescica. Io non so quale sia stata al causa: le ammine aromatiche, il nerofumo, l'amianto. Mi ricordo che l'unica protezione erano i guanti di amianto. Ma mi ricordo anche i colloqui con un sindacalista». Lo sguardo s'incupisce, Maria Sibilio quasi non ce la fa più a parlare: «Andai da lui, era stato tanti anni alla Goodyear, mio marito chiedeva almeno il contributo come lavoratore esposto all'amianto. Il tumore intanto aveva aggredito le ossa. E lo mangiava vivo. Lui mi incrociò sulle scale, ma quasi non mi rivolse la parola. Sono tornata da lui altre volte, Salvatore deperiva, passava da un ospedale all'altro. E lui niente. Non mi aiutava in nessun modo. Il giorno del funerale, a Cisterna, lui era per la strada mentre il corteo funebre raggiungeva la chiesa. Quando gli fui vicino, lui si voltò dall'altra parte. Nemmeno un cenno di saluto.

Poi sono tornata ancora, sempre più disperata per la pensione e questo signore mi ha detto testualmente: “Lo so che tuo marito è morto, ne sono morti tanti alla Goodyear, uno più uno meno”. Purtroppo aveva ragione: oggi tanti colleghi di Salvatore sono laggiù, al cimitero».

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