«Il mio paese senza messa è una vergogna nazionale»

TrevisoMonsignor Piergiorgio Sanson è uno che ne ha viste parecchie. Tra dieci giorni l’arciprete di Cordignano, in provincia di Treviso, compirà 68 anni, lui che, guarda la coincidenza dei numeri, venne ordinato sacerdote in quel ’68 che molti si ostinano a definire formidabile. Gli stessi, probabilmente, che il 4 novembre scorso hanno applaudito alla decisione dei dirigenti scolastici trevigiani di tenere gli alunni rigorosamente fuori dalla chiesa in occasione delle celebrazioni organizzate dal Comune per ricordare i caduti della Grande guerra.
Monsignor Sanson, pensa che la decisione dei dirigenti scolastici sia stata influenzata dalla sentenza della Corte di Strasburgo che pretende di vietare i crocifissi in aula?
«Sentenza assurda, che testimonia la deriva che stiamo prendendo in Europa. Ma quello che è successo il 4 novembre nel duomo di Cordignano non è legato a quel pronunciamento. Gli stessi responsabili scolastici avevano tenuto lo stesso atteggiamento anche il 4 novembre 2008».
Ce l’hanno con lei?
«Macché. Ce l’hanno con la nostra cultura, prima ancora che con la religione. Il fatto è che non ci avevo nemmeno fatto caso. Siamo abituati a fare questa celebrazione e gli alunni di elementari e medie avevano sempre partecipato. Qualcuno mi fece notare che l’anno scorso, per la prima volta, i bimbi erano rimasti fuori».
E mercoledì scorso c’è stato il bis...
«Sì, ma stavolta non ce l’ho fatta a stare zitto. Se si sta sempre zitti si finisce con l’essere spazzati via da un andazzo che non può essere condiviso».
Dicono che è perché a scuola ci sono tanti alunni di fede islamica. E anche molti italiani non gradirebbero «invasioni» religiose. Lei che conosce i suoi parrocchiani, come stanno veramente le cose?
«Ma dai, avevamo tutte le autorità istituzionali, i militari, i rappresentanti dei caduti. Mio nonno, tanto per dirne una, ha combattuto durante la Prima guerra mondiale, è stato ucciso e ora giace al sacrario di Redipuglia. E lei crede che qualcuno si dovrebbe sentire offeso se sente un sacerdote italiano dire una messa per ricordare i nostri morti? Io non penso proprio. Alla maggioranza di bambini che, tra l’altro, frequenta il catechismo, bisognava consentire di entrare».
Già, ma la religione...
«Guardi, qui la religione non c’entra un fico secco. Io sono rimasto allibito in quanto cittadino e non in quanto sacerdote. Questa celebrazione fa parte della nostra cultura, prima ancora che della religione. Non possiamo permettere a una minoranza di cancellare le nostre radici, la nostra storia».
Un dirigente scolastico ha detto che il 10 % degli alunni è straniero. È giusto fare solo celebrazioni civili?
«Non si sono neanche accorti, pervasi come sono di una cultura che tentano di cancellare, che nella celebrazione civile, davanti al monumento dei caduti di Cordignano io ho dato la benedizione».
Forse non hanno fatto in tempo a far scappare i ragazzi di fronte a un gesto così offensivo...
«O forse si sono ricordati che la stragrande maggioranza dei caduti che stavamo ricordano e onorando era composta da cristiani».
E il sindaco che le ha detto?
«C’è rimasto male, poverino.

Capisce e condivide il mio sfogo, a lui non sarebbe neanche passato per la testa quel divieto di ingresso in chiesa decretato anche nei confronti di quei ragazzi che, per tutta la settimana, frequentano la parrocchia».
Tempi duri per i sacerdoti cattolici.
«Non è un problema di fede, ripeto, è un problema di cultura. Si può credere o non credere. Quello che non si può e non si deve fare è strappare le nostre radici».

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