Nel 1961 lItalia celebrò il centenario della sua Unità. Il clima era di generale ottimismo. Il Paese si era finalmente lasciato alle spalle gli anni bui del dopoguerra, aveva cancellato quellimmagine di povertà drammaticamente fissata nelle fotografie dellalluvione che nel 1951 aveva travolto le terre del Polesine: quelle facce derelitte, quella gente ammassata sui barconi, miseramente vestita.
Erano stati anni durissimi: le città del centro-nord semidistrutte, i profughi dai territori orientali, avversati dalle sinistre e guardati con sospetto dalla classe politica dirigente, le rivolte dei contadini al sud, lemigrazione verso gli Stati Uniti, la Germania, la Francia, il Belgio che svuotava le terre meridionali e lancora poverissimo nord-est.
Ma gli italiani si erano dimostrati capaci di rimboccarsi le maniche e adesso i risultati erano lì, tangibili e simboleggiati dalla grande Esposizione internazionale allestita a Torino nel Parco del Valentino: «Italia 61». Lo storico Valerio Castronovo cita nel saggio «Il miracolo economico» nel XXIII volume della Storia dItalia del XX Secolo (Da Paese agricolo a potenza industriale), le cifre che giustificarono lottimismo generale: «Tra il 1958 e il 1963 i frigoriferi da 370.000 diventarono un milione e mezzo; le lavatrici passarono da 72.000 a 262.000 e in un numero crescente di abitazioni gli impianti elettrici e a gas per la cucina e il riscaldamento sostituirono le vecchie stufe a legna e a carbone. In quasi tutti i settori leconomia italiana innestò una marcia più alta. Il settore tessile crebbe a ritmi superiori alle più ottimistiche previsioni; la produzione di macchine per scrivere venne quadruplicata; quella delle macchine contabili aumentò di quasi dieci volte; la fabbricazione di materie plastiche registrò un incremento di oltre quindici volte, grazie anche alle originali soluzioni adottate dalla Montedison sulla base delle ricerche di Giulio Natta».
È il «miracolo economico», indissolubilmente legato, nella memoria degli italiani, ad altri eventi: nella primavera del 1955 esce dagli stabilimenti Fiat la mitica Seicento, la vettura utilitaria a quattro posti che sarà possibile acquistare a rate. E lItalia del ceto medio, degli impiegati e degli operai si motorizza. Due anni dopo dagli stabilimenti di Mirafiori esce la vetturetta che sarà uno dei maggiori successi della Fiat, la minuscola Cinquecento. La Seicento mette le ruote ai piedi dei genitori, la Cinquecento sarà la macchinetta dei giovani fino agli anni Settanta.
E partiranno, le Seicento color celeste chiaro (il colore più diffuso), stracolme di bagagli e di bambini sulla nuova Autostrada del Sole il cui primo tratto Milano-Bologna viene inaugurato nel luglio 1959. Sono gli emigranti che in quegli anni hanno risalito la penisola sui «treni del sole» per raggiungere Torino e Milano attratti dallirruente industrializzazione (la popolazione di Milano crebbe del 24 per cento, quella di Torino di quasi il 43) e che adesso tornano «al paese», rimasto fermo ad uneconomia agricola di sussistenza, tragico esempio del divario fra nord e sud che nessuna riforma riesce a colmare.
Ma lItalia continua a correre. È lItalia del film di Dino Risi Il sorpasso, la piccola borghesia si arricchisce, cambia costumi, copia mode dallestero. La diffusione della motorizzazione a basso costo è il volano della vacanza di massa, tutti al mare su spiagge affollate. I tratti ancora intatti e solitari dellAurelia, la via consolare che insieme a Gassman e a Trintignant è protagonista del film, ci ricordano quanto poi accadrà e che negli entusiasmi del momento nessuno (o pochissimi) era in grado di prevedere: lurbanizzazione selvaggia, lo scempio del territorio, la degradazione delle periferie urbane, la cementificazione delle spiagge.
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