Come misurare con i Pokémon l’evoluzione della (nostra) specie

«Una volta sola durante il tuo turno (prima del tuo attacco) puoi cercare nel mazzo un altro Ditto scambiarlo con Ditto (qualsiasi carta assegnata a Ditto segnalini danno, Caratteri speciali e effetti su di esso sono ora presenti sul nuovo Pokémon). Se lo fai, metti Ditto in cima al tuo mazzo. Poi rimischia le carte del tuo mazzo. Non puoi usare il PokéPower Duplicare più di una volta durante ogni turno». Ecco, davanti a una cosa del genere un genitore ha un paio di possibilità: scappare oppure cercare di capire. Avendo una moglie che amo e tre figli meravigliosi, di cui un paio in età da Pokémon, non mi resta che partecipare. Ed ecco perché alla fine devo confessare: anch’io ho un piccolo mostro per amico.
Insomma, quanto avete letto sopra non è altro uno dei particolari dell’universo Pokémon, fenomeno inventato in Giappone nel 1995 e diventato mondiale in un battibaleno. All’inizio fu un videogioco, che poi si trasformò in fumetto, in film e in un gioco di carte da collezionare nel quale potrete trovare tante indicazioni (per noi genitori) incomprensibili. Il problema è che invece loro, i nostri figli, capiscono tutto al volo: noi al massimo giocavamo a tresette, loro usano il PokéPower. Si chiama evoluzione.
Già, perché i Pokémon si evolvono e passi che Nicolò, quasi 10 anni, abbia la materia completamente in mano. Ma quando Mattia, quasi 5, mi spiega accompagnandomi all’asilo (sarebbe il contrario ma non ho più certezze) che Infernape (leggasi Inferneip) è l’evoluzione di Monferno che a sua volta si è evoluto da Chimchar, sento che la vecchiaia avanza. Soprattutto perché Alessandro, 15 mesi, sembra sinistramente annuire.
Così, per restare al passo dei tempi, alla fine ho dovuto capire e invito tutti i genitori come me a farlo: è divertente, pure Darwin avrebbe partecipato. Non che abbia ancora ben compreso cosa voglia dire quella strana frase letta su una carta raffigurante il succitato Ditto, però alcune cose sono ormai chiare e giro volentieri la spiegazione alla nostra categoria.
Ovvero: i Pokémon (contrazione di Pocket Monster, cioè «mostri tascabili») discendono dalla passione tutta nipponica di collezionare insetti. Il creatore, Satoshi Tajiri, pensò a degli animaletti immaginari che potevano interagire con gli uomini e che combattevano tra di loro (senza farsi male però: diventano solo un po’ esausti) per far sì che il proprio allenatore potesse crescere di abilità e combattere nella Lega (argomento diventato praticamente quotidiano in casa). Il capostipite di tutta la vicenda è un ragazzino di nome Ash, abitante di Biancavilla, che svegliandosi in ritardo il giorno della consegna dei Pokémon da parte del Professor Oak, si vede costretto ad accettare l’ultimo disponibile: Picachu. Che diventerà però l’eroe di tutti i Pokémon e da oggi una foto sul Giornale, quella che vedete in questa pagina. Che dite: non è simpatico?
Se per caso a questo punto scatta un po’ di mal di testa, non vi preoccupate: nel mondo dei Pokémon c’è più e c’è di meglio. Ad esempio scoprirete che i Pokèmon sono divisi per categorie (acqua, fuoco, erba, ecc. ecc.), oppure che combattono a suon di «dragartiglio», «fuoco fatuo» o «tuonoshock». E che, soprattutto, loro sono già 495, conteggio aggiornatissimo: grazie alle ultime versioni ne sono arrivati due nuovi. Così ecco perché confesso: il mio piccolo Pokémon si chiama Sudowoodo, è un piccolo animaletto a forma di tronco d’albero con due rami al posto delle braccine. E come tutti i suoi simili sa dire solo il suo nome, ma è tenero, piccolo e amorevole, ve lo assicuro...
No, davvero: non c’è nulla c’è da preoccuparsi, è solo per dire che anche noi adulti abbiamo la speranza di capire. E allora l’invito finale è questo: se siete genitori, fatevi un Pokémon per amico.

Avrete l’approvazione dei vostri figli e raggiungerete un grande risultato: vi sarete evoluti.

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