RomaAncora Ruby? Basta. In Italia, spiega Giorgio Napolitano, oltre alle notti di Arcore cè dellaltro. Cè, ad esempio, una nazione «in ripresa», che ha tenuto «a bada i conti pubblici» che, «pur con le sue problematicità, supera prove quotidiane». Eppure, come gli ricorda una domanda di un giornalista cileno al termine dellincontro al Quirinale con il presidente Sebastian Pinera, sulla stampa internazionale il Belpaese negli ultimi tempi ci finisce soprattutto grazie al caso Ruby. «Naturalmente - commenta il capo dello Stato - io non posso dire agli organi dinformazione di tutto il mondo quali notizie dare dellItalia, non li faccio mica io i titoli dei giornali. Cè libertà di informazione e ognuno si regola come meglio crede».
Però cè un limite a tutto. «Quello che posso sottolineare - insiste Napolitano - è la necessità che venga prospettata la nostra realtà nei suoi sviluppi. Cioè, che si parli dei suoi problemi ma anche delle sue evoluzioni». Tra Quirinale e Palazzo Chigi cè ancora del ghiaccio e una crosta di incomprensioni, ma ora non è il momento delle polemiche. LItalia, puntualizza il presidente con un pizzico di orgoglio, «è in una fase di faticosa uscita dalla crisi globale». E non si tratta soltanto di una difesa nazionalistica, dufficio, ma di un aperto elogio «delle politiche specifiche del governo».
Sono stati fatti grossi passi avanti, che il capo dello Stato elenca così: «Cè una ripresa in atto. Abbiamo dato grandi prove di serietà nel tenere sotto controllo i conti pubblici. Abbiamo evitato lesplosione del debito. Abbiamo dimostrato capacità di vigilanza sul sistema bancario, che oggi è sano, e sul risparmio delle famiglie. Abbiamo una condizione delle imprese che non ha niente a che vedere con la situazione debitoria che cè in altri Paesi, anche europei». Ecco, tutto ciò, «dovrebbe essere oggetto di attenzione da parte dei mezzi di informazione».
Poi, certo, ci sono pure dei problemi. «La crescita è insoddisfacente - dice ancora Napolitano - dobbiamo mirare a un ritmo più sostenuto e più continuativo. E per questo lavoriamo daltronde in sede Ue per trovare anche risposte comuni che siano davvero risolutive per uno sviluppo delleconomia europea». E ancora: «Io sono pure preoccupato per la disoccupazione giovanile, ne ho parlato nel discorso di fine anno. Cè in particolare una carenza di prospettive di lavoro tra i 19 e i 35 anni».
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