
In principio (qui da noi in Europa perchè in realtà tutto nasce in Cina) fu Jane Birkin, l’attrice britannica, diventata icona dello stile francese, per la quale Hermes creò l’omonima borsa. Prima di quella lussuosissima “sporta” (era proprio così che la usava, imbracciata di lato all’altezza del petto, prescindendo dai manici), la compagna-musa di Serge Gainsbourg ricorreva a un cestino di paglia. Lo aveva scovato al mercato di Portobello road, a Londra, e non se ne era più separata.
Ne apprezzava la capienza e l’estrema duttilità (lo portò con sé anche su un red carpet di Cannes) e come tutti i miti, le bastò sceglierlo e “indossarlo” a quel modo per renderlo una moda. Il rapporto tra Jane e la sua cesta (nella quale aveva raccontato di aver trasportato persino l’argenteria di casa) terminò tristemente quando il suo “nuovo” compagno (nuovo perché segui all’eterno amore-tormento Serge), il regista Jacques Doillon, lo investì “accidentalmente” facendo retromarcia con l’auto. Poi arrivò Hermes. Su un volo Parigi-Londra, l’attrice incontrò l’allora presidente del gruppo Jean-Louis Dumas. E poco dopo, dal 24 di Rue du Faubourg Saint-Honorè di Parigi (“come se fosse il caso di specificarlo”, direbbe Emmanuel Macron) uscì, col suo nome, la borsa creata apposta per lei, la borsa perfetta: grande, elegante, capiente, adatta dalla mattina alla sera su qualsiasi abbigliamento.
La maison aveva tenuto conto con precisione dell’utilizzo che madame aveva fatto del suo cestino, delle esigenze alle quali rispondeva e del suo modo di portarlo in giro. E nel 1984 nacque la Birkin. Negli anni, ovviamente, Jane sfoggiò solo la Birkin e la Birkin sfoggiò Jane. Ma negli ultimi tempi (l’attrice è scomparsa il 16 luglio del 2023), oltre ad aver accarezzato l’idea di far togliere alla borsa il suo nome in polemica con le procedure di caccia e uccisione degli animali, aveva iniziato a personalizzarla ulteriormente e a decorare manici e chiusure appendendoci piccoli oggetti, collane, simboli, talismani e messaggi legati alle cause che le stavano a cuore. E, nemmeno a dirlo, anche quella volta, lanciò una moda. Che persiste ancora oggi.
Non tutte intrecciano ai manici piccoli cimeli tibetani o la foto della politica birmana Aung San Suu Kyi e, in generale, non tutte hanno l’estro e lo stile di Jane, ma oggi, praticamente tutte, impazziscono per i “charm” da attaccare alla borsa. Chanel, Miu Miu, Balenciaga, Gucci, Moschino, Fendi e tanti altri tra i più grandi marchi di fashion hanno immediatamente intercettato il fenomeno e li hanno messe in produzione offrendo alle loro clienti la possibilità di acquistarli soli o appesi alle stilosissime bag delle varie maison. Qualche celebrity ha fatto il resto sfoggiandoli orgogliosamente sui social e divertendosi a creare delle decorazioni personali (catene, lucchetti, accendini, portachiavi di plastica fosforescente, il ciuccio del figlio…) per le proprie borse che in questo modo arrivano a pesare il doppio già da vuote.
Fatto sta che oggi esistono charm di moltissimi tipi e altrettanti prezzi: ce ne sono da settecento euro come da quattordici. E l’ultima ossessione, a riguardo, sono delle bamboline pelose con gli occhi spiritati, le orecchie da coniglio (alcune persino con i denti aguzzi in mostra) che si appendono alle borse grazie a un gancio e che normalmente sarebbero in vendita a circa venti euro l’una ma che “l’impazzimento” generale ha reso in alcuni casi carissime e spesso introvabili. Si chiamano Labubu, nascono a Hong Kong dalla matita dell’artista Kasing Lung sono distribuite dalla catena di giocattoli cinese Pop Mart. I peluche hanno colori, espressioni, abiti e accessori diversi. Ormai dilagano ovunque, le si trova ovviamente on line o alla fine di interminabili code fuori dai temporary shop che stanno fiorendo per sfruttare il momento. Nei negozi fisici vengono vendute a “scatola chiusa”, cioè senza la possibilità di scegliere il modello, in pratica ti porti a casa ciò che ti capita e sembra che le appassionate adorino anche questa “suspense” legata all’acquisto.
Il modello base costa, appunto, una ventina di euro, ma naturalmente non ci si limita a quello: esistono quelli nati da partnership fashion il cui prezzo lievita fino a cento euro e ci sono i pezzi rari, le edizioni limitate (quindi reperibili solo di seconda mano sugli e-commerce) o fuori produzione che arrivano a costare anche mille euro. Tanto che iniziano a verificarsi i primi furti dell’ambita bambolina e c’è chi organizza viaggi con le amiche per andare a fare incetta del ricercato gadget in altre città d’Europa dove si trovano modelli diversi e magari a prezzi più convenienti: per il gusto possederne di nuove, per regalarle, per rivenderle…
Le estimatrici del pupazzetto sanno perfettamente come riconoscere l’originale dal contraffatto: la testa e i piedi devono fare il giro completo, la lettera S finale nel moschettone deve essere attaccata alla testa, sull’etichetta deve comparire il QR code.
Per il resto sembrano quelle creaturine inquietanti che aprono la prima inquadratura di certi film dell’orrore e che la protagonista coccola con amore fino a quando quelle non si animano e Satana fa capolino. Ecco, quelle creaturine ormai ci fissano da qualunque borsa incrociamo per strada, in metropolitana, dal parrucchiere o al supermercato. Ma cos’è la moda, senza il rischio? Buona mania a tutte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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