"Mamma è stata una pioniera ma il suo stile è nel mio Dna"

Lavinia Biagiotti: per celebrare i 60 anni del brand "un’opera di mecenatismo a Milano che è il palcoscenico del nostro impegno quotidiano"

Sua nonna Delia aveva una sartoria che nel 1964 vinse l’appalto per le prime divise delle hostess dell’Alitalia. Sua madre Laura definita «La regina del cashmere» dal New York Times è statala prima stilista italiana a sfilare in Cina nel 1988. Lei ha al suo attivo due importanti primati: ha raccolto l’eredità creativa di un grande marchio del made in Italy e ha portato la Ryder Cup al Marco Simone Golf & Country Club, un evento sportivo che ha richiamato 271.191 persone a Roma. «La mia vita è tutta un golf di cashmere o di prato» commenta Lavinia Biagiotti Cigna all’inizio di questa intervista sui 60 anni del brand Laura Biagiotti.

Possiamo dire che il suo marchio ha un destino materlineare?
«No perché mio padre (Gianni Cigna, un dentista appassionato di moda tanto da lasciare il trapano per diventare un business man ndr) è stato vicino a mamma fin dall’inizio nel 1965. Erano una coppia di ferro. Lei diceva che senza lui Laura Biagiotti non avrebbe fatto tanto».

Lei ci crede?
«Sul fronte business sì perché mamma non ne sapeva molto all’inizio. Dopo il liceo si era iscritta a Lettere e voleva specializzarsi in Archeologia Cattolica. Da quel periodo della sua vita le era rimasto un metodo di ricerca e una disciplina ferrea.
Ha lasciato gli studi a malincuore, ma nonna meritava il suo sacrificio. Era rimasta orfana nel 1928 a 14 anni e aveva mantenuto i suoi fratelli lavorando come segretaria.
Le avevano dovuto mettere un banchetto perché non arrivava alla macchina per scrivere. In seguito divenne dirigente d’azienda e poi ha aperto la sartoria per stare più vicina a sua figlia. All’inizio sembrava quasi un hobby. Poi arrivano i primi clienti americani e mamma, che parlava inglese».

Facevano alta moda o prét-à-porter?
«Facevano una cosa che chiamavano Alta Moda Pront. Iniziano a riprodurre in molte copie i modelli che invece erano pezzi unici. Lo fanno per Capucci, per Schubert e per Barocco: in nomi più importanti di quegli anni.
Mia madre ha lavorato moltissimo con Schubert che le ha insegnato a tradurre il disegno in un oggetto».

Sua madre ha sfilato in Sala Bianca a Firenze con Walter Albini, Krizia e i Missoni: gli iniziatori del made in Italy. Sente il peso di tanta storia?
«Sento il dovere di non tradire mai il suo modo di essere e pensare. Mamma è stata una pioniera. Quando sfila in Sala Bianca nel ’72 aveva già capito che la vita delle donne stava cambiando: avevano gli armadi pieni di abiti da cocktail e per le occasioni speciali ma non sapevano come vestirsi per andare a lavorare. Lei comincia a muoversi in questa direzione e non a caso nel 74 Walter Albini la invita a sfilare a Milano dicendole: “Qui sta succedendo qualcosa di fantastico perché in un unico luogo abbiamo l’industria, i compratori, la stampa”. La Milano Fashion Week nasce così».

Il cashmere quando arriva?
«Nello stesso momento.
Aveva comprato con papà un’azienda di cashmere in Toscana che però lavorava soprattutto sui capi maschili.
Lei s’innamora della materia e la rende femminile togliendole quella patina old fashion da lord inglese che vive in un castello non riscaldato».

E la prima sfilata in Cina?
«Avevo 10 anni ma ricordo benissimo tutto. Ho visto arrivare il Telex con cui il ministro della cultura cinese chiedeva a mamma di essere la prima stilista italiana a sfilare in Cina. Fu incredibile. Il fratello dell’ultimo imperatore che era diventato un calligrafo scrisse per lei una poesia in cui la chiamava Mister Biagiotti perché non poteva credere che una donna avesse fatto tutto quel lavoro».

Il castello di Marco Simone quando arriva?
«Nel ’78 quando sono nata.
C’era una fabbrica in cui producevano parte della collezione e mamma dalla strada detta Palombarese vedeva questo rudere. Era un disastro, vennero perfino a cercarci Moro. Mamma se ne innamora comunque, lo acquista dai principi Brancaccio e ci sono voluti Gli inizi Nonna Delia era rimasta orfana a 14 anni. Fu lei ad aprire la prima sartoria a Roma I materiali Negli anni ’70 la mamma si innamora del cashmere e decide di realizzare capi femminili Il futuro Quando è mancata ho imparato a correre ma guardando indietro con gratitudine quattro anni per restaurarlo.
Abbiamo avuto anche bellissime sorprese: un ciclo di affreschi cinquecenteschi. E abbiamo scoperto che da qui è passato Galileo Galilei, ospite di Federico Cesi, il fondatore dell’Accademia dei Lincei».

E il Golf quando arriva?
«È una passione di famiglia e visto che qui intorno c’era lo spazio verde a un certo punto i miei si sono lanciati in questa avventura. Adesso sto restaurando la villa del 1°secolo d.C. che abbiamo trovato nell’area del golf. Lo faccio in memoria di mamma e della sua passione per l’archeologia: sono venuti fuori dei mosaici bellissimi».

I suoi genitori hanno raccolto la più grande collezione al mondo del Genio Futurista Giacomo Balla, non si sente un po’ oppressa da tutta questa cultura?
«Troverei più opprimente l’ignoranza. Vivo in un luogo storico in cui ci sono 10mila libri: una continua fonte d’ispirazione. Mio padre è mancato ad appena 59 anni, e l’unica consolazione per noi è stata che poco prima della sua scomparsa il museo Puskin ha fatto una straordinaria mostra grazie a quel che lui e mamma avevano raccolto con tanto amore.
Lui è mancato il 26 agosto, mamma a settembre è uscita in passerella con una T-shirt in maglia con la scritta “Futur Gianni”. Ci siamo fatte forza in questo modo e lavorando insieme. Ho fatto di tutto in azienda sempre accanto a lei che era una mentore incredibile.
Quando è mancata, otto anni fa ho dovuto imparare a correre in avanti guardando indietro con gratitudine».

Cosa farà per festeggiare i 60 anni del brand?
«Un atto di mecenatismo per Milano. Noi siamo legatissimi a Roma, è la città-simbolo della mia famiglia.

Ma Milano rappresenta il palcoscenico del nostro impegno quotidiano. Per me è una seconda casa che amo molto».

Cosa prova davanti a questa montagna di ricordi?
«Ringrazio il cielo di averli, sono la mia vera ricchezza».

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