«Il modello per la scuola? La sanità lombarda»

MilanoAlbi regionali per i professori, stop alle graduatorie, docenti reclutati direttamente dagli istituti, parità tra pubblico e privato. Roberto Formigoni, all’avvio del quarto mandato da governatore della Lombardia, punta molto sulla scuola.
È in arrivo una rivoluzione nell’organizzazione del sistema scolastico?
«Certamente sì, esattamente come abbiamo fatto la rivoluzione della sanità dodici anni fa quando avevamo tutti contro. Oggi sono tutti zitti perché, come avevo detto allora, abbiamo trasformato la sanità da un vecchio baraccone che non funzionava a un sistema ultramoderno al vero servizio del cittadino, consegnandogli la possibilità di scegliere ed elevando a dismisura la qualità dei servizi, per di più a pareggio di bilancio».
Ci può spiegare meglio in che senso intende trasformare la scuola sul modello della sanità?
«La scuola italiana è conciata come lo era la sanità lombarda nel 1995: costosissima e agli ultimi posti in classifica per la qualità, con insegnanti avviliti, mortificati e non valorizzati. Il mio impegno è fare della scuola, non italiana perché non compete, ma lombarda, una scuola di qualità che rimonti in classifica velocissimamente e che valorizzi il merito degli insegnanti».
Lei parla di albi regionali, scuola lombarda. Prove di federalismo leghista?
«No, è un’idea targata Roberto Formigoni che la mia maggioranza approva, tanto che l’abbiamo messa nel programma. L’obiettivo è la qualità, non il federalismo. Non è una scuola federalista. Il federalismo è uno strumento, l’albo regionale è uno strumento, il fine è dare più libertà e maggior riconoscimento al merito. Voglio dare ai nostri giovani un’istruzione pari o migliore di quella dei loro coetanei americani tedeschi cinesi. Voglio esaltare il merito degli studenti e degli insegnanti».
Che significa nel concreto esaltare il merito degli insegnanti?
«Nessuno riconosce il loro impegno, sono tutti uguali a tutti. L’insegnante che esalto è moderno, si aggiorna, inventa nuovi metodi, appassiona gli studenti, li porta in giro a conoscere novità. Il mio obiettivo è passare dall’insegnante burocrate all’insegnante dirigente, che si faccia carico della scuola e la trasformi».
Gli insegnanti lamentano spesso di avere stipendi inadeguati. Come pensa di superare questo problema?
«La rivoluzione della scuola avrà conseguenze sugli stipendi, sarà riconosciuto il merito. Basta con l’appiattimento stipendiale, la paga uguale che mortifica. I miei dirigenti della Regione Lombardia hanno un premio che arriva al 33 per cento della busta paga. Anche gli insegnanti possono avere un terzo dello stipendio in più se si impegnano».
In un momento di difficoltà economica, gli aumenti di stipendio sono realistici?
«Ho l’esempio della sanità che vale: si risolve il problema aprendo ai privati. Dodici anni fa ho aperto alla sanità privata e alcuni modernissimi ospedali sono stati inseriti nel sistema pubblico. Adesso inserisco gli imprenditori del territorio, gli artigiani, la piccola e media impresa. È la scuola che dovrà assumere gli insegnanti, una scuola che deve diventare di comunità con gli imprenditori e il territorio, con tutto ciò che la circonda».
Ha allo studio un sistema di accreditamento delle scuole simile a quello che esiste per gli ospedali?
«Il sistema scolastico lombardo vedrà accreditare le scuole private, come abbiamo già fatto con il buono scuola. L’80 per cento delle scuole libere nel resto delle Regioni muoiono per asfissia, noi le abbiamo salvate. Io voglio coinvolgere Confindustria, Confartigianato, Confagricoltura, che hanno già mostrato interesse. Con il sistema attuale vanno a prendere i diplomati delle scuole e gli fanno tirocini a spese loro. È chiaro che preferiscono finanziare direttamente la scuola per programmi di qualità: porteranno le loro richieste e le loro riforme».
Che cosa risponde a chi teme che destinare tanta attenzione alle scuole private possa far peggiorare il livello della scuola pubblica?
«Gli interlocutori più attenti in Lombardia, anche sul versante sindacale, sono perfettamente d’accordo con noi. È la riforma di cui l’Italia ha bisogno. Non mi stupisce che conservatori e burocrati siano contrari, ma li spazzeremo via come è avvenuto con la sanità.

È l’innovazione che i nostri cittadini vogliono e mi hanno chiesto, è l’innovazione che introdurremo, rispettando tutti i diritti acquisiti ma travolgendo le resistenze corporative passatiste ed egoiste di chi non guarda al futuro».

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