Potrebbero avere conseguenze clamorose gli inqualificabili incidenti che sabato scorso hanno caratterizzato la gara di calcio valida per il campionato regionale juniores tra il Molassana e la Valdivara.
Una vera e propria guerriglia urbana (alla fine si contavano otto gazzelle della polizia, quattro dei carabinieri e due della polizia municipale) quella che si è scatenata sugli spalti del campo «Federico Marchi» di Molassana, meglio conosciuto come Ca de Rissi.
Un episodio gravissimo e che, a causa del comportamento di una ventina di facinorosi supporter ospiti, ha rischiato che per poco non ci scappasse sia il ferito, o forse anche peggio.
L'ennesimo fatto di violenza che, sullesempio dei peggiori squadroni di ultrà, ormai da troppo tempo trova spazio anche tra i tornei dei dilettanti. Mai, però, come in questa occasione, limbecillità e lincoscienza delle persone avevano proposto una vasta gamma di armi improprie quali spranghe, cinghie, bottiglie rotte e coltelli.
«Per fortuna tanta paura e basta - hanno raccontato il giorno dopo alcuni custodi dell'impianto di Molassana -, ma quando abbiamo visto cinture con stemmi di ferro che volteggiavano, bottiglie lanciate verso la tifoseria di casa e qualcuno che mostrava un coltello in mano, abbiamo davvero pensato al peggio».
Ed è proprio per evitare il peggio che Mario Ponti, attuale d.s. del Molassana nonché ex calciatore del Genoa degli anni 80, medita insieme a Willam Benevelli, presidente della stessa squadra, di non partecipare tra due domeniche, alla trasferta in programma proprio in Val di Vara: «Per recarci a Vara chiederemo tutte le precauzioni di sicurezza del caso - spiega Ponti -, anche la scorta, e se solo una di queste venisse a mancare, non ci penseremo su due volte e rinunceremo. Non abbiamo intenzione di mettere in pericolo l'incolumità sia dei nostri atleti sia dei tifosi al seguito».
Una rinuncia che, a termini di regolamento, vorrebbe dire partita persa a tavolino e un punto di penalizzazione, ma le regole morali del Molassana vanno ben oltre la classifica e gli stessi risultati: «Poco importa se perderemo la partita, conclude Ponti, a noi interessa giocare al calcio e se ciò non sarà possibile pazienza, passeremo una domenica a riposarci e riflettere». Riflettere già. Perché è proprio quello che dovrebbero fare le autorità sportive dei vari comitati di fronte a casi del genere. In tanti, infatti, si chiedono come sia possibile che durante una partita di calcio tra ragazzi tra i 16 e 17 anni scoppi un'autentica e folle guerriglia degna delle immagini più deteriori che purtroppo si vedono a margine dei campionati maggiori.
E poi, sul pullman degli atleti spezzini viaggiavano anche i tifosi (armati di spranghe e coltelli) che hanno fatto scoppiare la rissa.
Insomma, una serie di quesiti ai quali, autorità giudiziarie e sportive dovranno dare al più presto una risposta altrimenti il rischio sarebbe quello di falsare i campionati ma soprattutto, dare il via ufficialmente all'escalation di questi fenomeni.
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