Alessia Marani
Vessati, minacciati, costretti a pagare il «pizzo», poi picchiati e torturati, se necessario, per ritorsione. Funzionava così allex scuola Lucatelli al complesso occupato del San Michele Dè Merode a Tor Marancia, dove da un paio danni un manipolo di moldavi aveva messo su una sorta di «cupola» che deteneva il controllo su oltre un centinaio di connazionali. La «Moldavia connection» è stata smantellata allalba di ieri dagli uomini della II sezione della Squadra mobile capitolina, dopo indagini iniziate più di due anni fa dai colleghi del commissariato di Tor Carbone e sotto la direzione della Dda. Sette le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Guglielmo Muntoni su richiesta del pm Roberto Staffa, sei quelle eseguite mentre è ancora uccel di bosco colui che gli inquirenti considerano la «mente» del clan, il trentatreenne Petru Ticu.
Già nel 2000 e nel 2004 erano finite agli arresti altre 36 persone in due diversi filoni dinchiesta allinterno del San Michele, dopo la denuncia al numero verde antimafia di un cittadino costretto a cedere parte di quanto guadagnato come muratore a una gang composta, allepoca, anche da ex militari della vecchia Unione Sovietica. È nel luglio del 2005, invece, che i poliziotti si ritrovano fra le mani un altro moldavo questa volta ridotto in fin di vita a forza di calci, pugni e sprangate. Quando luomo comincerà a parlare, piano piano racconterà agli investigatori lincredibile serie di soprusi e violenze patite da almeno un anno. Il fascicolo sul caso «San Michele» passa alla mobile di via di San Vitale. Gli agenti ricostruiscono in mesi di appostamenti, pedinamenti e testimonianze raccolte, un quadro desolante. Accertano persino che, in unoccasione, la moglie di un moldavo che avrebbe osato ribellarsi al «regime» doppressione, è stata stuprata da un ventisettenne del gruppo. «In pratica - spiega il dottor Alberto Intini, a capo della mobile - moldavi regolari e non, dediti ad attività lecite o meno, erano tutti obbligati a versare una loro quota allorganizzazione, guai a sottrarsi». Proventi delle giornate nei cantieri ma, soprattutto, il «pizzo» su un traffico di auto rubate dallItalia ai Balcani messo in piedi da alcuni occupanti dellex scuola, dovevano andare a rimpinguare la «obsciak», vale a dire la cassa del sodalizio. Non solo. Come in tutte le «onorate società», ogni questione, dalle contese familiari e «condominiali», alle liti in famiglia o tra gruppi, passavano al vaglio dei boss locali i quali, alloccorrenza, da bravi affiliati chiedevano lumi ai capi rimasti in patria. Tutti ora sono accusati di associazione a delinquere finalizzata allestorsione e allimmigrazione clandestina. In particolare, i sette erano specializzati nel riciclaggio dauto e nella falsificazione di documenti, settori nei quali si avvalevano di ramificazioni in Veneto e Lombardia.
Lodissea della comunità moldava approdata a Tor Marancia, comincia nel 98 quando circa 150 cittadini che vivevano in case occupate in via Teulada vengono sgomberati dalla polizia.
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