Giuliano Amato è l'occhio del ciclone della politica italiana, il punto in cui si compongono le differenze senza però trovare accordi né sintesi. Il suo capolavoro sarebbe stato quello di diventare presidente della Repubblica, facendo del suo punto marginale d'equilibrio la chiave delle istituzioni. Ma in quell'occasione i Ds riscoprirono la propria storia comunista e non vollero che quel punto di equilibrio intrinsecamente equivoco rappresentato da Amato venisse premiato con il Quirinale. L'acume del dottor Sottile consiste nell'attraversare con opposte politiche di confine i due schieramenti. Egli, però, non esprime alcuna linea politica che sia in grado di comporre ciò che gli elettori scompongono.
Amato è un uomo della Prima Repubblica, quando i chiaroscuri del linguaggio mietevano successo tra partiti che condividevano in gran parte il medesimo orientamento. Bastava essere ambigui per poter giocare su due tavoli. Il successo di Giuliano Amato sta essenzialmente nel giocare l'ambiguità, nell'essere interpretabile in sensi opposti. La Seconda Repubblica, cioè il bipolarismo, non gli ha portato fortuna. Essa esclude in linea di principio la trasversalità ai due schieramenti. È il corpo elettorale, quindi il popolo, che ha deciso di dividersi tra destra e sinistra obbligando i partiti a stare da un lato o dall'altro.
La proposta di Amato è la vecchia Bicamerale, frutto della Prima Repubblica, adottata da quattro delle sue legislature: una proposta essenzialmente ambigua, perché suppone due diverse maggioranze: quella della Commissione e quella del Parlamento. Berlusconi ebbe la sua grande occasione quando, nel 1998, liquidò la Bicamerale e scelse di rimanere il padre del bipolarismo. Amato pensa che ora sia giunto il momento in cui la sua ambiguità possa fruttare, proponendo ciò che è fallito tutte le volte che è stato proposto, appunto la Commissione bicamerale.
Questa volta Amato la propone in modo ancora più ambiguo: sembra che sia un incontro di partiti piuttosto che un'emanazione del Parlamento. Per sottolineare questo fatto, il dottor Sottile prevede che di essa facciano parte anche non parlamentari. L'idea, insomma, è quella di sottrarre al Parlamento la sua scelta e di giocarla sul piano della cultura politica. Il modello evidente è la fallita riforma del Trattato costituzionale europeo.
Premessa di tutto ciò è il principio che il governo di Romano Prodi debba rimanere in carica. Cade quindi la dimensione parlamentare della Bicamerale storica e appare invece un accoppiamento trasversale di partiti e di indipendenti per riuscire a superare, con un artificio, il vero fatto politico centrale: il bipolarismo è deformato dalla delegittimazione che l'Unione ha fatto dell'esecutivo Berlusconi; una delegittimazione che continua nell'azione di governo, il cui ordine del giorno è l'eliminazione delle riforme fatte dalla CdL. Amato sa - e lo dice - che la maggioranza al Senato non c'è più, che ormai i due schieramenti hanno 157 voti a testa e che i senatori di diritto e a vita sono determinanti per la maggioranza di governo.
Pensare che l'opposizione, in queste condizioni, possa rinunciare alla sua difesa dal programma del governo Prodi, rivolto contro di essa, in cambio di una legge elettorale modellata sul Tatarellum è veramente un'ambiguità spinta sino all'illusione.
Il presidente della Repubblica sembra ignorare la polemica delegittimante rivolta contro il centrodestra, che costituisce l'essenza dell'Unione. Per questo è molto meglio affidare a un referendum, cioè al corpo elettorale, la decisione di scegliere il sistema di elezione della Camera e del Senato.
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