Ariela Piattelli
da Roma
Un discorso di importanza epocale quello che il Papa Benedetto XVI ha fatto ieri nel corso della sua visita al campo di sterminio nazista Auschwitz-Birkenau. La comunità ebraica ha immediatamente riconosciuto l'importanza storica di questa visita. «Un momento storico - dice il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni - con un discorso grande all'inizio e alla fine, e problematico nel suo contenuto».
Ci sono alcuni passaggi del discorso, intriso di riferimenti storici e teologici, che riapre qualche incomprensione tra Chiesa e Comunità ebraica. La visita viene comunque riconosciuta come un grande passo avanti nella strada del dialogo tra le due religioni. «Il fatto che il Pontefice abbia parlato di Shoah nei luoghi dell'orrore - dice Di Segni - rappresenta certamente un fatto molto importante. Shoah è un termine che significa in ebraico tempesta che travolge tutto, ben diverso dal termine Olocausto che significa invece sacrificio e quindi esprime un significato parziale».
Sulle citazioni del martiri dello sterminio Di Segni esprime qualche perplessità: «Sono stati citati due martiri, di cui una è Edith Stein, che per noi ebrei è una citazione problematica. La Stein - afferma il rabbino - ha trasformato la sua identità e il Papa ha sottolineato che ha accettato il martirio come se potesse scegliere e che lo ha fatto con il suo popolo. Una interpretazione unilaterale e non condivisibile. L'elemento più problematico del discorso resta certamente il passaggio in cui Benedetto XVI ha attribuito la colpa della tragedia al gruppo di criminali che ha spinto il popolo tedesco a prendere parte allo sterminio nazista. La responsabilità del popolo tedesco non è invece da mettere in dubbio poiché ha aderito volontariamente al progetto nazista».
È stato molto apprezzato il passo in cui Benedetto XVI si è riferito alla Shoah come un evento unico nella Storia: «Il Pontefice ha riconosciuto alcuni aspetti dell'unicità della Shoah - dice Di Segni -, forse si doveva sottolineare con forza che Auschwitz ha rappresentato l'epicentro della tragedia del popolo ebraico». Sulla parte specificatamente teologica del discorso di Benedetto XVI al «grido di dolore dell'uomo verso Dio perché ha taciuto», dice Di Segni, «c'è quasi una sorta di accento sul problema dell'assenza di Dio e non sul silenzio dell'uomo e delle sue responsabilità. Questa visita resta comunque un grande segno che il dialogo c'è, e continuerà, anche se ci troviamo - conclude il rabbino - a non condividere alcune posizioni».
Pure il vicepresidente della Comunità di Roma, Riccardo Pacifici, riconosce l'importanza storica della visita. «Il fatto che un Pontefice, tedesco, che ha vissuto la guerra si rechi in visita ad Auschwitz-Birkenau rappresenta un fatto d'importanza epocale. Non possiamo comunque condividere alcuni passaggi del discorso di Benedetto XVI. Ci lascia perplessi - dice Pacifici - il fatto che il Pontefice abbia parlato di un gruppo di criminali che ha soggiogato il popolo tedesco. Non bisogna certo generalizzare, ma la maggioranza dei tedeschi all'epoca ha aderito volontariamente allo sterminio degli ebrei.
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