Monaci, dame nere e spiriti senza pace: incontri «da brivido»

Storie di apparizioni inquietanti in città, dalla «Libertina» del Castello al «Vecchione» della Senavra. Alla Scala «si aggira» lo spettro della Callas

Monaci, dame nere e spiriti senza pace: incontri «da brivido»

Poveri fantasmi! A Milano non hanno mai avuto vita facile. Il frastuono non aiuta l’ascolto dei rumori tipici del loro repertorio: passi felpati e catene che strisciano in soffitta, sospiri tenebrosi, pianti di fanciulla, incomprensibili parole sussurrate sono sovrastati dal primo motorino che passa, dai clacson o dalle sirene antifurto lasciate incustodite nel cuore della notte. Ci si mette pure l’inquinamento luminoso a impedire il manifestarsi diafano degli ectoplasmi che forse vorrebbero ancora spaventarci ma, poveretti, non ci riescono più. Diverso quando la città notturna era buia e silenziosa, quando la nebbia permeava di mistero i passi di chi ci camminava alle spalle e, perché no, quando le osterie dispensavano con generosità barbera e gutturnio, spiriti da sempre amici di fenomeni paranormali.
A Milano le apparizioni spettrali «moderne» si registrano a partire dal 1930. Quasi sempre sull’asse Porta Vittoria-XXII Marzo-Mecenate, e cioè nella zona d’attrazione del vecchio Ortomercato dove si verificò la più consistente immigrazione di piccoli commercianti dal superstizioso Sud. Gli annali riportano le prime apparizioni di fantasmi entro i confini della parrocchia di Santa Maria del Suffragio. Lo scrittore Domenico Porzio parla anche di un «fantasma di Taliedo», zona compresa tra le vie Mecenate, Ungheria e Salomone. Siamo nel primo Dopoguerra e pare che l’entità amasse passeggiare vestito da aviatore dagli stabilimenti della Caproni fino al capolinea del tram in piazza Ovidio. In quel periodo appariva spesso anche il cosiddetto «Vecchione» della Senavra, nome di un ex ritiro spirituale dei Gesuiti che si trovava all’altezza del civico 50 di corso XXII Marzo. Il Vecchione «si metteva alle spalle di chi dopo mezzanotte passava lungo il prato dove ora sorge il monumento a Giuseppe Grandi e seguiva il viandante con rumore di zoccoli caprini finché questi non si decideva a buttare per terra una monetina».
I primi rotocalchi parlano anche di raccapriccianti avventure erotiche vissute dai giovani con una misteriosa dama, formosa e provocante, nei pressi del Castello Sforzesco. Negli Anni Sessanta c’era ancora qualche anziano che si ricordava di lei, ovvero dell’entità di via Paleocapa, detta anche la «Dama Nera». Appariva di sera nei pressi del parco Sempione col volto coperto da un velo, seduceva il passante e prima di sparire nel nulla si scopriva il volto che in realtà era un teschio. La superstizione le diede anche un nome: Bianca Maria Scappardone, vedova di Ermes Visconti vissuta, pare molto allegramente, nel Cinquecento.
Ma la tradizione popolare annovera anche fantasmi più recenti. Un classico restano le apparizioni scaligere della contralto spagnola Maria Malibran (1808-1836) riportate con incredula bonarietà da qualche quotidiano a partire dagli anni Sessanta. Con le sue silenziose passeggiate nei sotterranei del teatro fino al soppalco e da qui verso la ribalta, lo spettro avrebbe terrorizzato operai e musicisti in più di una occasione. Alla Malibran poi si sarebbe aggiunto anche il fantasma di Maria Callas.
Prima che si trasformasse nell’odierna Chinatown, anche la zona Sarpi ebbe il suo spirito inquieto. Si racconta fosse lo spettro di un monaco che appariva in vesti lacere in zona Monumentale, inveendo contro la corruzione e la dissolutezza della società moderna. Invece in via Aldini, a Quarto Oggiaro, un’entità indefinita e dispettosa avrebbe ancora oggi l’abitudine di attraversare la strada proprio al sopraggiungere di macchine e moto, facendo inchiodare i conducenti per poi sparire nel nulla.
Nella caotica e distratta metropoli, forse sopravvive ancora un pizzico di attenzione e di rispetto per i fantasmi. Emblematico che 13 anni fa alla Sergio Bonelli Editore ci fu la costituzione del «Dylan Dog ghost hunting Club», un sodalizio di cacciatori di spettri.

«Null’altro che una trovata pubblicitaria - dice oggi Mauro Boselli, sceneggiatore, creatore del fumetto Dampyr nonché artefice del club -. Ma dovemmo chiudere il club in fretta per via delle centinaia di lettere che ci segnalavano apparizioni e infestazioni: una valanga cartacea alla quale non riuscivamo a star dietro».

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