Cultura e Spettacoli

Mondi interattivi e romanzi-format Il futuro della letteratura del futuro

nostro inviato a Mantova

In un festival schiacciato politicamente sul presente (da don Gallo a Severgnini non c’è un ospite che non si senta in dovere di tirare una battuta su Berlusconi) e impantanato nel solito passato (dall’Italia della Costituzione di Michele Ainis agli anni di piombo degli ex magistrati Turone e Colombo), il futuro letterario arriva invece dalla fantascienza. Le cose più belle, e più nuove, giungono da qui: il film-documentario dell’olandese David Kleijwegt The Owl in Daylight: Philip K. Dick is Here proiettato a Mantova in anteprima italiana (un mini-capolavoro sulla vita e l’opera di un maestro del genere), oppure la «Biblioteca di fantascienza» allestita nei sotterranei di Palazzo San Carlo dove sono stati raccolti e messi a disposizione dei lettori quasi 2mila volumi che rappresentano il meglio della Science fiction mai pubblicata in Italia, libri spesso fuori catalogo e introvabili (un’operazione unica: se un editore volesse, qui avrebbe già un catalogo di primissima scelta a costo zero, visto che i diritti costano due lire), e soprattutto gli incontri giornalieri con esperti del settore organizzati dal «bibliotecario» Tullio Avoledo, uno scrittore che non ce l’ha fa più a sentirsi ripetere che «la fantascienza è un genere lontano dai nostri tempi, è roba del passato». Senza capire quanto invece sia fantascientifico il mondo in cui viviamo, dal televisore in 3D alla crittografia quantistica, tutte cose immaginate da quei matti di scrittori di science fiction. «Il guaio è che la fantascienza è ancora confinata dentro il ghetto della letteratura di genere: nelle librerie anche scrittori grandissimi, per il fatto di essere autori di fantascienza, stanno nello scaffale insieme ai vampiri… È ancora una letteratura da sdoganare. Se vai in spiaggia con un tomo di Zygmunt Bauman sei un intellettuale, se giri con un libro, chessò, di Alfred Bester o Jack Womack, due genialoidi assoluti, passi per un nerd».
Questione di nomi. Qual è il futuro della letteratura del futuro? Per Avoledo, che a Mantova ha invitato tra gli altri il curatore di Urania Giuseppe Lippi e lo stesso Giorgio Faletti («Non perché scriva fantascienza, ma perché la legge. E poi è un ottimo testimonial»), va benissimo continuare a leggere i vecchi maestri – la triade Isaac Asimov, Arthur Clarke, Philip K. Dick tanto per fare dei nomi troppo gettonati e magari anche un po’ usurati - ma bisognerebbe scoprire anche autori «nuovi». Che spesso, come tante cose di fantascienza, arrivano dal passato. «Vuoi tre nomi di scrittori straordinari, non solo di fantascienza, ma di letteratura tout court? Eccoli: Gene Wolfe, un vecchiaccio ancora in gamba, anche se è del ’31, Cordwainer Smith, negli anni Cinquanta e Sessanta attaché e consulente dell’esercito americano in estremo Oriente oltre che esperto di guerra psicologia, e Robert A. Heinlein, l’autore di Straniero in terra straniera, morto nel 1988. Gente di cui oggi in Italia riesci a trovare poco… Eppure leggerli sarebbe una cosa intelligente oltre che divertente». Intelligente? I libri di fantascienza? «Sì, lo so: c’è gente che ride a sentire queste cose. Ma sono convinto che non c’è come la letteratura fantascientifica per liberare il potenziale immaginativo e creativo di un ragazzo. È una narrativa che ti aiuta a pensare e a decidere secondo schemi diversi e con associazioni non usuali… in un modo alternativo».
Modi alternativi, mondi alieni. Come quello immaginato e (de)scritto dal giovane russo (32 anni, di Mosca) Dmitry Glukhovsky, un nome all’estero molto conosciuto, lanciato in Italia dal piccolo editore Multiplayer.it e chiamato a Mantova da Avoledo (in programma oggi pomeriggio). Autore di due libri già di culto diventati anche videogames, Metro 2033 e Metro 2034 (pubblicati in origine sul proprio sito con un accesso gratuito ai lettori, hanno dato vita a un esperimento interattivo che ha coinvolto migliaia di internauti russi i quali potevano apportare migliorie al testo), Glukhovsky ha immaginato un mondo post-apocalittico in cui l’umanità sopravvissuta si ripara dalle radiazioni nelle stazioni della metropolitana di Mosca, divisa in comunità: qui i comunisti, là un gruppo para-nazista, qua i «commerciali». E dato che nel mondo «altro» di Glukhovsky non esistono più comunicazioni tra un luogo e l’altro del pianeta, perché non ipotizzare che qualcosa di simile sia successo anche in altre città? E così, caso unico nella storia dell’editoria e della narrativa, lo scrittore russo ha messo a disposizione il proprio format a chiunque voglia provare a svilupparlo nel proprio Paese. «E io – ci anticipa Avoledo – a novembre pubblicherò la storia di un gruppo di ex residenti nella Città del Vaticano che dopo la catastrofe ha trovato rifugio nelle catacombe di San Callisto. E per i quali il problema più urgente è eleggere il nuovo Papa». Fantastico.

Cioè, fantascientifico.

Commenti