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2015 anno nero per i reporter: sono 110 i giornalisti uccisi

Secondo l'ultimo rapporto di "Reporters senza frontiere" rispetto al 2014 è raddoppiata la percentuale dei cronisti uccisi al di fuori dalle zone di guerra

L'esecuzione di Kenji Goto, il reporter giapponese ammazzato dall'Isis nel febbraio 2015
L'esecuzione di Kenji Goto, il reporter giapponese ammazzato dall'Isis nel febbraio 2015

Centodieci giornalisti ucccisi nel corso del 2015, di cui solo il 36% in zone di guerra.

È questo il dato più rilevante e insieme più preoccupante che emerge dal rapporto annuale di "Reporter senza frontiere" dedicato ai reporter uccisi quest'anno in tutto il mondo. A ieri, dei centodieci cronisti assassinati, quarantanove sono stati uccisi deliberatamente per essere obiettivi noti, diciotto hanno perso la vita nello svolgimento del proprio lavoro e quarantantré invece sono morti in circostanze ancora da chiarire.

A questo triste conto vanno aggiunti ventisette "citizen-journalists" e sette operatori dei media. Impressionante il dato relativo ai morti in zone di guerra: rappresentano appena il 36% dei decessi dei centodieci colleghi. Nel 2014, le proporzioni erano invertite.

Reporter senza frontiere attribuisce questi dati inquietanti non solo all'aumentato tasso di violenza deliberata contro i giornalisti ma anche e sopratutto al sostanziale fallimento delle politiche per proteggerne l'incolumità. Sul tema è intervenuto anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki-Moon, che ad agosto aveva espresso preoccupazione per la "quasi totale impunità" a cui vanno incontro i responsabili di questi crimini.

Tra i Paesi più pericolosi per i giornalisti figurano Iraq e Siria, con rispettivamente undici e dieci decessi, immediatamente seguiti dalla Francia, dove otto giornalisti sono morti nella strage di Charlie Hebdo di gennaio. Di seguito figurano Yemen, Sud Sudan, India, Messico, Filippine e Honduras.

Da non dimenticare, infine, i 54 colleghi tenuti in ostaggio e i 153 imprigionati in varie parti del mondo solo per aver fatto il proprio mestiere.

@giovannimasini

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