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Allerta massima in Bolivia: El Chapo vuole entrare nel paese

L’obiettivo è quello di “catturarlo vivo”, hanno fatto sapere poco fa le autorità boliviane

Allerta massima in Bolivia: El Chapo vuole entrare nel paese

Da ieri sono ai massimi livelli d’allerta tutte le forze di sicurezza della Bolivia, i cui controlli ai confini con il Cile sono stati rafforzati per il fondato timore che il narcos più ricercato al mondo, Joaquín “el Chapo” Guzmán Loera, stia cercando di entrare nel paese. L’obiettivo è quello di “catturarlo vivo”, hanno fatto sapere le autorità boliviane. Oltre alle solite foto segnaletiche, per agevolare il compito l’intelligence sta verificando anche presunti legami tra l’ex comandante di Polizia e Forze Speciali per la Lotta al Narcotraffico della Bolivia, Oscar Nina, ed uno dei figli di Guzmán. Certo è che el “Chapo” - questo l’alias con cui è universalmente noto per la sua bassa statura il leader del cartello di Sinaloa e che, a tradurlo in siciliano farebbe “û curtu”, lo stesso soprannome di Totò Riina- sta facendo letteralmente “impazzire” le polizie e l’intelligence di mezzo mondo da quando, lo scorso 11 luglio, se n’è tranquillamente evaso dal supercarcere di El Altiplano, in Messico, usando un comodo tunnel che arrivava sin nella doccia della sua cella.

Da allora lo hanno visto un po’ ovunque in America latina e, fossero vere tutte le segnalazioni, “el Chapo” meriterebbe in pieno il titolo di Marco Polo del terzo millennio. Guatemala ed Honduras i due paesi che per primi diedero l’allarme, subito dopo la sua clamorosa evasione. Poi uno dei suoi presunti figli pubblicò ad inizio settembre su Twitter una foto di Guzmán in un bar con la faccia coperta da un emoticon, “dimenticandosi” però di togliere la localizzazione geografica e, dunque, tutti cercarono “el Chapo” in Costarica. Inutilmente, ça va sans dire. No, “il ‘Chapo’ si sta nascondendo nel Triangolo Dorato che unisce gli stati di Sinaloa, Chiuhuhua e Durango”, assicurava lo scorso ottobre l’intelligence di Peña Nieto prima che si allertasse anche la polizia di Rio de Janeiro, in Brasile, dove – ma forse è un caso – proprio in quel periodo arrivava per aprire i suoi uffici la DEA statunitense. Settimana scorsa la Gendarmeria argentina si era detta certa che il narcotrafficante più ricercato al mondo si stesse nascondendo in Patagonia, con l’obiettivo di valicare la Cordigliera delle Ande per sconfinare poi in Cile, mentre neanche un mese fa le autorità messicane avevano giurato e spergiurato che i loro Marines lo avevano ferito in uno scontro a fuoco. Ferite non gravi se è vero che “el Chapo” avrebbe visitato quasi subito dopo Ciudad del Este, vicino alla Triplice Frontiera sul versante del Paraguay, dove poco prima dell’11 settembre, si disse avesse fatto una capatina persino Osama Bin Laden, un altro inafferrabile “Guzmán style”. Ora starebbe per entrare in Bolivia, dove per acciuffarlo il presidente Evo Morales ha acquistato ben 13 radar, per monitorare i confini del suo paese.

L’epopea continua e, del resto, come recita un narcocorrido messicano, “el Chapo” è ovunque.

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