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Assange cita in giudizio Trump per violazioni dei diritti umani

Il dipartimento di Stato americano ha subito bollato come “fantasiose” le accuse avanzate dal blogger australiano a carico dell’esecutivo di Washington

Assange cita in giudizio Trump per violazioni dei diritti umani

Julian Assange, fondatore dell’organizzazione WikiLeaks, ha di recente “citato in giudizio” l’amministrazione Trump.

Secondi diversi media occidentali, il blogger australiano, ancora riparato nell’ambasciata ecuadoriana a Londra, avrebbe infatti incaricato il coordinatore del suo team legale, l’ex magistrato spagnolo Baltasar Garzón, di fare causa agli Stati Uniti davanti alla Commissione Interamericana per i Diritti umani. Questa è un organismo internazionale con sede a Washington e preposto all’accertamento delle violazioni delle libertà dei singoli perpetrate dagli Stati dell’America del Nord e del Sud. Il ricorso presentato da Garzón a tale istituzione per conto del creatore di WikiLeaks attribuirebbe alle autorità Usa “condotte contrastanti con i principali trattati sui diritti umani”.

Nei documenti presentati all’organo internazionale, il team legale di Assange accuserebbe in primo luogo l’amministrazione Trump di condurre “attività di spionaggio” ai danni dell’attivista australiano. Gli avvocati di quest’ultimo avrebbero poi imputato all’esecutivo federale il “reclutamento di falsi testimoni”, incaricati di “infangare la reputazione” del fondatore di WikiLeaks. I promotori del ricorso davanti alla Commissione Interamericana avrebbero quindi attribuito agli Stati Uniti, sempre a detta dei media, la conduzione di “operazioni segrete” dirette ad “attentare alla vita” di Assange.

Infine, il blogger australiano avrebbe accusato Washington di attuare un “brutale ricatto economico” ai danni dell’Ecuador, Paese che da 2012 ospita nella rispettiva rappresentanza diplomatica a Londra il creatore di WikiLeaks. In base ai documenti introduttivi della causa davanti alla Commissione, Trump starebbe ripetutamente promettendo a Quito, quale contraccambio per la consegna di Assange alle autorità statunitensi, l’“azzeramento del debito estero” della nazione sudamericana.

Nessun commento sulla vicenda è stato rilasciato dall’ufficio stampa dell’istituzione interamericana, la quale, secondo gli organi di informazione, sarebbe stata esortata dai legali del blogger a “esprimersi con urgenza” sulle presunte “violazioni dei diritti umani” perpetrate dagli Usa. Al contrario, l’amministrazione federale ha rilasciato alcune dichiarazioni sul ricorso promosso da Assange.

Ad esempio, Heather Nauert, portavoce del dipartimento di Stato americano, oltre a bollare come “fantasiose” le accuse avanzate dall’attivista a carico dell’esecutivo Trump, ha anche messo in dubbio la “legittimazione” di Garzón a presentarsi alla Commissione quale avvocato del creatore di WikiLeaks.

La portavoce ha infatti ricordato la “sospensione dalle professioni legali” comminata nel 2012 all’ex magistrato dalla giustizia spagnola.

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