Barcellona, un jihadista: "Preparavamo un grande attentato"

Mohamed Houli Chemla ammette davanti ai magistrati che i terroristi avevano in mente un piano ben più elaborato per provocare il maggior numero di morti possibili

Barcellona, un jihadista: "Preparavamo un grande attentato"

Mohamed Houli Chemla, uno dei terroristi arrestati dopo l'attacco di Barcellona, inizia a parlare, svelando i dettagli dell'attacco jihadista che il 17 agosto scorso ha provocato 15 morti. Il piano, come del resto sospettavano anche gli inquirenti, doveva essere più complesso e prevedeva l'uso di bombe, quelle stesse bombe che sono esplose proprio la sera prima ad Alcanar, uccidendo diversi membri della cellula (tra questi, molto probabilmente, pure l'imam Abdelbaki Es Satty, 40 anni e mente della strage).

Chemla confessa che il gruppo jihadista stava preparando un grande attentato, molto più devastante rispetto a quelli portati a termine sulla Rambla di Barcellona e Cambrils. L'obiettivo inziale doveva essere la Sagrada Familia che, nel folle piano dei terroristi, sarebbe dovuta saltare in aria con diversi ordigni esplosivi. Due dei quattro sospettati avrebbero inoltre confessato il ruolo dell'imam Abdelbaki Es Satty quale istigatore della strage della Rambla.

Carcere la cellula di Barcellona

La magistratura spagnola ha chiesto l'incarcerazione dei quattro sospetti comparsi oggi davanti all'alta corte di Madrid per gli attentati che hanno sconvolto Barcellona. Il primo imputato è Driss Oukabir, il cui passaporto è stato trovato nel furgone dopo l'attacco di Barcellona. Il presunto terrorista si era consegnato alle autorità dicendosi innocente e affermando che il fratello Moussa Oukabir (poi ucciso dalla polizia) gli avesse rubato i documenti.

Gli altri tre imputati sono Mohammed Aalla, proprietario dell'Audi usata per l'attacco di Cambrils, i cui due fratelli Said e Yousseff hanno perso la vita in relazione agli attacchi; Mohamed Houli Chemlal, arrestato dopo esser rimasto ferito ad Alcanar, nell'esplosione della villetta usata come base; Salah el Karib, gestore di un internet café a Ripoll che secondo la Vanguardia sarebbe stato usato per trasferire denaro in Marocco

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