Guerra in Ucraina

Perché i colloqui si tengono a Brest: che cosa significa

A Brest, esattamente 104 anni fa, la Russia riconobbe per la prima volta un'Ucraina indipendente. La città dei colloqui ha valenza simbolica.

Perché i colloqui si tengono a Brest: che cosa significa

Spostare da Gomel a Brest la sede dei secondi colloqui tra Russia e Ucraina per porre fine al durissimo conflitto esploso il 24 febbraio ha un'importanza che è anche simbolica. E i simboli contano molto, se pensiamo all'importanza data alla storia nella partita che ha portato alla guerra in corso sia sul fronte russo che su quello ucraino.

Brest si trova in Bielorussia, come Gomel, ma al contrario dell'altro centro è una città dal grande valore storico e dall'importanza decisiva come crocevia tra l'Europa centro-orientale e l'Occidente. In primo luogo, perché città entrata nella sfera d'influenza di Mosca in tempi relativamente recenti, nel 1939, dopo l'annessione dell'Est della Polonia seguita al Patto Molotov-Ribbentrop. In secondo luogo, perché città per sua natura crocevia. Brest è stata la città snodo della prima ferrovia tra Varsavia e Mosca, costruita tra il 1869 e il 1886, ma soprattutto il centro simbolo di tutte le conteste politiche e strategiche che nel corso dei secoli hanno interessato questa tormentata regione di mondo. Teatro di battaglie e di accordi, ha cambiato nome e ruolo sulla scia della storia. Di cui potrebbe tornare protagonista.

Brest è stata in passato sotto l'Impero germanico, prima città a ottenere i privilegi imperiali come borgo franco nel 1390. Nel 1569 con la nascita della Confederazione polacco-lituana la città venne ribattezzata Brest-Litovsk, nome che mantenne per diversi secoli. Fu contesa dai polacco-lituani con la Svezia, occupata dai russi durante la spartizione dello Stato delle due nazioni, agognata piazzaforte in cui passò Napoleone e da cui l'imperatore dei francesi fu espulso nel 1812.

Soprattutto, Brest-Litovsk fu teatro della pace separata siglata dalla Russia post-rivoluzionaria con gli Imperi centrali nel marzo 1918. L'ammissione di una sconfitta con cui Vladimir Lenin ritirò Mosca dalla guerra in nome della risoluzione dei problemi politici interni. Il governo di Mosca firmò una pace dura, accettando di cedere la Polonia Orientale, la Lituania, la Curlandia, la Livonia, l'Estonia, la Finlandia e la Transcaucasia. Ma soprattutto di riconoscere ufficialmente l'indipendenza dell'Ucraina, che per quanto effimera e presto revocata sul campo fu sancita ufficialmente.

Si costituì a Kiev la Repubblica Popolare Ucraina, alleata degli Imperi centrali fino alla fine del conflitto nel novembre successivo, che però ebbe vita breve. Per tutto il 1919 l'Ucraina, così come il suo esercito, visse nel più totale caos politico, contesa tra ogni fazione presente e messa nel mirino dalla vicina Polonia finì poi vittima di una nuova invasione sovietica nel pieno della Guerra civile russa. Ma Brest-Litovsk è associata da Mosca al ricordo di una sconfitta e alla fine definitiva della dominazione dell'impero su diverse terre. Dunque a un trauma nazionale russo. Brest, in questo contesto, tornò sotto la Polonia per poi finire, come detto, annessa dalla Bielorussia sovietica nel 1939.

La data della pace fu, a tal proposito, quella del 3 marzo 1918. Anniversario dei colloqui odierni. Corsi e ricorsi storici non secondari, se pensiamo che l'invasione è iniziata il 24 febbraio scorso, anniversario della deposizione del governo filorusso a Kiev avvenuta nel 2014. Brest simboleggia, dunque, il ritorno della diplomazia mentre ancora le armi sparano ferocemente. E la scelta della città come sede dei colloqui può dare sostanza alla frase di Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, secondo cui, come ha detto nella conferenza stampa odierna, "una soluzione" alla guerra con l'Ucraina "si troverà per via diplomatica".

Accettare di negoziare laddove la Russia accettò di rinunciare una prima volta all'Ucraina può avere dunque un valore storico e politico. Brest è la città in cui i nuovi colloqui potrebbero trovare uno sbocco in un armistizio e sostanziare la rinuncia definitiva della Russia alla volontà di dominare l'Ucraina in cambio della delimitazione di zone d'influenza e della neutralità del Paese? Non vogliamo correre troppo avanti, ma la rotta tracciata da esperti per la risoluzione della crisi (Sergio Romano, per fare un esempio tra tanti) indica proprio in questa via l'unica per rendere meno traumatico per entrambi il definitivo decoupling tra Russia e Ucraina. Annunciato del resto già da Putin nel discorso pre-invasione di riconoscimento del Donbass sovrano. In una partita politica in cui storia e presente si rincorrono.

Per poter, forse, convergere nuovamente a Brest.

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