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Capopopolo ma tutto sinistro dal Che all'odio per gli yankee

Tifava per i Black Lives Matter, flirtava con i narcos, vendicò le Falkland di mano. E Fidèl? Come un padre

Capopopolo ma tutto sinistro dal Che all'odio per gli yankee

Il Black Lives Matter anti Trump era l'ultimo amore del Maradona politico, l'uomo che non a caso aveva tatuato il volto del Che Guevara sul braccio destro per mostrare più facilmente al mondo intero, ovunque, l'icona rivoluzionaria anti-yankee per eccellenza. Nell'ultimo periodo Diego stava male ma non rinunciava ad appoggiare il movimento del BLM, anche perché i suoi detrattori in Argentina lo chiamavano «negro de mierda» da una vita, per motivi ideologici più che per ragioni tecniche. Perché neanche chi «odiava» Diego per ciò che diceva in politica ed erano tanti - poteva negare che El Pibe de Oro fosse il meglio visto sui campi da calcio in Argentina da sempre.

«Negro de mierda», una frase sentita da Diego molte volte da bambino, lui nato in una «villa miseria», una favela per dirla alla brasiliana, dove gli indios guaraní si mischiavano ai figli degli emigranti che non avevano «fatto la Merica» ed il risultato era che «eravamo tutti neri dentro». «Negro de mierda» perché prima del politicamente corretto con annessa censura sui social, il razzismo lessicale nel Paese di Papa Francesco dominava, scorreva a fiumi ed era senza argini, un automatismo. Maradona era «nero dentro» e per questo amava Nelson Mandela ma, soprattutto, dopo il Mondiale Usa che lui considerò sempre una congiura yankee, fu pervaso dal fascino del socialismo latinoamericano, quello di Fidel Castro, che pure i neri dal potere all'Avana li aveva sempre tenuti lontani dal Politburo castrista.

Certo è che il líder máximo lo aveva accolto come un figlio per disintossicarsi al Centro Internacional de Salud La Pradera de L'Avana, nel gennaio del 2000, garantendogli tutta la protezione che solo una dittatura intelligente come quella cubana sa dare ai suoi potenziali apologeti. Da allora il crescendo rossiniano rivoluzionario di Diego fu commovente, trasformandosi nel testimonial più rilevante del Socialismo del Secolo XXI di Hugo Chávez, «el Comandante» buonanima che lo accolse sin dai suoi albori politici «come un dono di Dio».

Sacro e profano, lui che era per tutti la «Mano di Dio», giusto per fare imbufalire la perfida Albione e rivendicare in ogni occasione pubblica la sovranità della sua Argentina sulle isole Malvinas, mai chiamate da lui Falkland perché era «un insulto imperialista» pronunciare il nome inglese di quelle isole, strappate da Londra a Baires nel 1823. Disintossicazioni e cocaina a fiumi, con da un lato la sua politica ideale, quella per un mondo più giusto e «fatto di eguali per uguali», e dall'altro le ricchezze e i lussi sfrenati di cui godeva, conteso come era da emiri, per cui le donne sono oggetti, e narcos messicani. Un percorso politico/professionale che lo aveva portato ad allenare persino i Dorados di Sinaloa, una squadra della B messicana nel feudo controllato dai figli del Chapo Guzmán.

Su Instagram Diego seguiva pochi politici, solo quelli di cui si fidava di più, dal presidente argentino Alberto Fernández alla adorata Cristina Kirchner, dal marxista Alex Kicillof, già a capo dell'Economia kirchnerista e oggi dominus della Provincia di Buenos Aires, all'ex presidente galeotto Lula. Ma soprattutto Nicolás Maduro, il suo colpo di fulmine politico e sociale più recente. L'ultima volta che Diego era stato a Caracas era a gennaio di quest'anno, aveva abbracciato il delfino di Chávez, «per dargli tutto l'appoggio politico possibile» e «difendere la rivoluzione chavista dall'imperialismo assassino degli yankee». Il Pibe de Oro era stato accolto da Maduro come una rockstar e Diego era finito su tutti i canali tv del regime, gli unici che si possono vedere a Caracas, perché il dittatore caraibico lo sognava allenatore della nazionale di calcio del Venezuela.

Un sogno svanito ieri, in una data politica anche quella visto che il 25 novembre di 4 anni fa era morto anche il padre putativo di Diego, Fidel Castro.

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