Bruxelles sotto attacco

Il cittadino comune è il nuovo target dei jihadisti

Siamo in guerra e nonostante la speranza di una soluzione politica, o la si fa con tutti i crismi e per vincere oppure non si fa. E se decidessimo di non farla, sarebbe opportuno spegnere la tv e pensare agli affari di casa nostra

Il cittadino comune è il nuovo target dei jihadisti

Il sussulto terroristico che ha strappato delle vite poche ore fa a Bruxelles è solo l’ultimo episodio di una serie di attentati sistematici, precedentemente annunciati dagli stessi terroristi per un cambio di strategia che si è ormai palesato nella sua efferatezza. Sappiamo, in realtà, come il target delle organizzazioni terroristiche sia cambiato. Non più attentati contro le figure politiche o rappresentative di un paese, ma forze concentrate per colpire il popolo dello stesso, massimizzando le perdite. Facilmente raggiungibile il popolo, per una strategia di basso profilo estremamente efficace. Sereno, al sicuro, protetto dalle istituzioni: il cittadino è il nuovo target del terrorista. Al di là delle frasi di rito che purtroppo si metabolizzano a stento, si avverte quasi il timore (in Italia), di affermare che siamo in guerra. Vuoi una politica centrale che mira costantemente a sminuire l’intera minaccia, vuoi la convinzione propinata che Seal, Parà, Delta, Folgore e SAS possano da soli vincere la guerra contro il terrore. Guerra dicevamo: o la si combatte per vincere o la si perde. O, magari, sarebbe anche giunto il momento di cancellare alcune frasi di comodo ed esporre la situazione per quella che è ormai diventata.

Non volete trattare con i terroristi? Allora combatteteli. Li volete combattere? Allora preparatevi ad invadere Libia, Siria ed Iraq così da cancellare le loro roccaforti. Volete andare in guerra? Allora preparatevi a subire delle perdite ed a vedere dei ragazzi dentro una bara di legno avvolta da una bandiera. Volete dei soldati sul terreno? Allora preparatevi a vedere delle scene orribili, con errori da entrambi i fronti e bambini urlanti strappati da un paradiso che non hanno mai conosciuto. Non volete tutto questo? Allora un giorno potreste anche diventare delle vittime, freddi numeri di una statistica catalogata nel contenitore verbale “vittime del terrore”. Non siete in grado di approntare un campagna militare senza gli USA? Ripensate ai russi in nome di un pericolo ramificato e stratificato che punta al caos dello status quo e che non conosce territorialità.

Sperare che raid aerei, in un contesto del tutto asimmetrico e che piccole unità dei reparti speciali possano davvero finire una guerra che si protrae da anni è pura utopia. Belgio, Francia, Turchia. Solo per citare alcuni episodi che continuano ad evidenziare la nuova impronta terroristica, indirizzata contro l’individuo. Una tattica ben definita, quella di colpire il popolo: subdola, efficace, ridondante, sistematica. Siamo davanti ad una guerriglia urbana non convenzionale. C’è poca difesa contro l’ingegno umano e contro quell’estremismo ideologizzato che predilige il terrore per stravolgere le coscienze del mondo libero, quell’arma sistematica che non conosce confini. Il terrorismo in se è un fenomeno in continua evoluzione, per certi versi in grado di adattarsi ed a volte, purtroppo, anche a sfuggire alla tecnologia attuale dei governi. Il terrorismo è quel fenomeno in grado, proprio per la sua continua evoluzione ed assimilazione sul campo, di rendere obsolete le migliori misure di sicurezza che i governi miliardari possono schierare a loro difesa. Perché se è vero che da un lato si può affinare la migliore macchina del pianeta in grado di identificare una particolare sostanza esplosiva o radiologica, dall’altro nessuno è ancora in grado di fissare entro determinati parametri la mente umana. Capire come si evolverà. Non per niente, la cintura esplosiva indossata da un kamikaze è ritenuta la granata a frammentazione perfetta, per il duplice motivo di essere “intelligente” e “mimetizzata”. Il terrorismo, quindi, ha la capacità si scardinare gli schemi classici, portandoli ad un altro livello. Ecco perché parliamo di asimmetria: uscire dagli schemi, utilizzando modalità non convenzionali. La contromisura, molte volte, nasce per contrastare la minaccia pre-esistente, quasi mai per prevenire quella non ancora compiuta (ma immaginata). I piani di emergenza dei governi, mirano proprio alla capacità di mettere in sicurezza le strutture chiave del governo con capacità di reagire in forze a molteplici attacchi asimmetrici. Ma questi piani, si attivano solo in caso di emergenza ed a volte sono fin troppo prevedibili. Errori pregressi hanno determinato un tale contesto, come l’aver cancellato l’esercito di Saddam con un tratto di penna, l’aver creato un vuoto di potere in Libia o essersi resi conto solo pochi mesi fa che la guerra civile in Siria continuava da quattro anni. Si nota una capacità di adattamento del terrorismo che fino a dieci anni fa era stata soltanto ipotizzata. Le nuove leve del terrorismo sono proprio i figli del “miracolo” dell’integrazione e l’obiettivo è il cittadino comune in tutte le sue meravigliose sfaccettature. E lo si può colpire in svariati modi. Di per se, la deflagrazione di un ordigno è soltanto il primo passo, per certi versi quello “meno” traumatico rispetto alla paura che episodi del genere instillano nella massa. E la paura, rispetto al dolore che si può trasformare in perenne ricordo, rimane una costante che modifica il modo di vivere. Purtroppo, al di là del credo religioso, dell’iperbolico slancio buonista e dei propositi di pace, bisogna capire il modus operandi. La Nato non ha la forza per una campagna militare su larga scala così come i paesi membri non hanno soldati e capacità economica per compierla. E gli USA difficilmente si faranno trascinare in un’altra guerra in Medio Oriente. Alla memoria ritorna l’offerta di Putin, avanzata qualche mese fa, per la creazione di una forza militare internazionale in grado di intervenire in Siria, proposta rifiutata perché non gradita agli USA. Ma noi siamo in guerra e nonostante la speranza di una soluzione politica, o la si fa con tutti i crismi e per vincere oppure non si fa. E se decidessimo di non farla, sarebbe opportuno spegnere la tv e pensare agli affari di casa nostra. Ma ci hanno detto che dobbiamo “salvare” il mondo. Il mondo libero ha assunto il ruolo di esportare la “democrazia”, non chiedendosi se i destinatari la volessero. Il mondo civilizzato si è eretto a paladino del Medio Oriente (solo per fare un esempio), non chiedendosi se quest’ultimo volesse nuovi eroi.

Ed un giorno, potrebbe toccare all’Italia.

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