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Così sta cambiando l'Egitto di Al Sisi

Il punto di vista di due esperti sulla situazione in Egitto

Così sta cambiando l'Egitto di Al Sisi

Intervista a Dora Abdel Razik, 34 anni, giornalista franco-egiziana che da sette anni vive al Cairo e segue sia la politica interna sia il cinema (la sua passione) e a Nabil el Choubachy, laureato alla Sorbona, che da anni presenta talk show e programmi culturali, figlio di Farida el Shoubashy, scrittrice e commentatrice televisiva di orientamento nasseriano molto amata nel paese. Entrambi sono volti di Nile TV, canale internazionale della la televisione pubblica egiziana che trasmette in inglese, francese ed ebraico.

Il paese si sta stabilizzando?

Nabil el choubachy: "La situazione è ormai piuttosto stabile, il presidente Al Sisi è molto amato, anche se il governo è in qualche caso criticato perché composto da tecnocrati che pur essendo pieni di iniziative hanno poca esperienza in politica. L'esecutivo sta portando avanti nuovi progetti a lungo termine, fatto che non si vedeva da tantissimo tempo in Egitto. Oltre al raddoppio del canale di Suez, si sta pensando di costruire un nuovo Cairo a cinquanta chilometri dalla capitale. Il governo deve però rendersi conto che la gente vuole un miglioramento della situazione nel breve termine. Il nuovo parlamento non è stato ancora eletto e si continua a governare per decreti, ma la gente aspira ad eleggere la nuova assemblea il prima possibile. Al Sisi lo ha promesso, ma si continua a rinviare la data delle elezioni. Questo anche perché il paese non è ancora pronto, basta analizzare la situazione dei partiti per rendersi conto che la confusione regna sovrana. L'Egitto non è mai stato una democrazia, né un paese pluripartitico. Ecco perché ci vorrà del tempo per costruire programmi solidi. Se in questi mesi non si creano nuovi movimenti politici capaci di vincere le elezioni ci troveremo un parlamento pieno di salafiti, infatti nonostante il divieto per i partiti islamici di partecipare alle elezioni, i salafiti, tollerati dal nuovo governo perché nemici dei Fratelli Musulmani, riuscirebbero a essere eletti singolarmente tra i seggi destinati ai singoli candidati indipendenti dai partiti. Non vincerebbero perché maggioritari nel paese, ma solamente perché sono gli unici organizzati sul territori oltre ai militari".

Le sentenze della magistratura con le condanne a morte nei confronti dei Fratelli Musulmani, non finiranno per creare dei martiri? Che senso hanno poi le condanne contro i giovani ragazzi di sinistra?

Nabil el choubachy : "Io non credo che le condanne a morte degli esponenti dei Fratelli Musulmani verranno mai eseguite. Anche se bisogna dire che, tragicamente se venissero portate a termine, la popolarità di Al Sisi aumenterebbe di molto perché gli egiziani sostengono la pena di morte. Io che sono fermamente contrario, quando lo dico vengo guardato come un alieno. Riguardo agli arresti di molti attivisti di sinistra, bisogna considerare che giovani sono stati il catalizzatore della rivoluzione, ma poi è il popolo che li ha seguiti e senza il popolo non ci sarebbe stata nessuna rivoluzione. Oggi tutti dimenticano il ruolo della popolazione più povera nella rivoluzione per ricordare solo i blogger o gli studenti. I meno abbienti oggi stanno con Al Sisi e non con i giovani di sinistra che si fanno strumentalizzare dai Fratelli Musulmani. Gli attivisti di sinistra oggi sono visti come perturbatori dal popolo e molte televisioni faziose pro Al Sisi soffiano sul fuoco sparando a zero contro di loro in modo esagerato. L'esercito non è il male assoluto come pensate voi in Europa, ma è un'istituzione pluralistica , rifatti negli ultimi cinquant'anni, pur rimanendo sempre al potere, ha oscillato tra concezioni economiche, politiche e sociali molti diverse. Basti vedere che Nasser ha razionalizzato le industrie e ha combattuto Israele, Sadat ha fatto la pace con Israele e ha aperto l'economia, Mubarak ha privatizzato e ha sposato la visione statunitense, mentre Al Sisi oggi ha una politica di equilibrio tra Russia e Stati Uniti e combatte il fondamentalismo islamico. Il potere deve però lasciare più libertà ai giovani attivisti che cosi verranno inseriti nel sistema. Io penso anche che la legge che mette paletti stringenti alle manifestazione verrà rivista presto".

Al Sisi sta proponendo una nuova idea di Islam nel paese?

Dora Abdel Razik : "Sì, per esempio, a Natale è andato nella cattedrale ortodossa e ha detto che bisogna tornare al tradizionale islam moderato, cominciando dal cambiare i testi nelle scuole. Ha chiesto all'università islamica Al Azhar, controllata dallo stato, di formare religiosi che imparino a interpretare il Corano in modo moderno e moderato".

Come ha risposto al Azhar?

Dora Abdel Razik: ""Per ora in modo ambiguo. In seno ad al Azhar ci sono varie anime e l'università è stata in parte complice, negli anni passati, della formazione di tutti questi religiosi fondamentalisti che sono stati spediti in tutto il paese a predicare. Ma si è iniziato un percorso, ci vorranno anni perché davvero dentro l'università si cambi radicalmente l'insegnamento del Corano".

Nabil el choubachy: ""Il problema dell'Egitto è che è un paese di funzionari e la burocrazia sa spesso rallentare ogni riforma, religiosa o politica. Quello religioso è il discorso più importante di Al Sisi e sono stupito che in occidente non ha avuto l'eco che avrebbe meritato. I media europei hanno reso Al Sisi una figura caricaturale, descrivendolo, dopo nemmeno un anno, come un dittatore qualunque. Penso però che l'occidente dovrebbe appoggiare la battaglia di Al Sisi per creare un Islam più moderato nel paese. Sarà una sfida difficile perché il pensiero islamista insegnato per anni nelle aule di Al Azhar è ormai penetrato nella società in modo capillare. Il nuovo presidente sembra però molto determinato e questo fa ben sperare. Il problema non è solamente dovuto ai Fratelli Musulmani, ma anche una a certa filosofia che ha pervaso l'Islam negli ultimi trent'anni. Al Sisi vuole tornare alla religiosità dei nostri genitori che non portavano il velo pur essendo perfino più islamici di noi".

Il potere della Tv in Egitto non modifica i costumi come per esempio è avvenuto in Iran o in Libano? I ragazzi non sono annoiati da un Islam fondamentalista che proibisce tutto?

Dora Abdel Razik: "Di certo non sono molto contenti. Anche se dipende ancora molto dalle classi sociali. Oggi nel paese grazie alle televisioni satellitari e a internet, tutti guardano gli stessi programmi che si vedono dovunque nel mondo. Bisogna però dire che esistono anche tantissimi canali tv pieni di predicatori fondamentalisti islamici che dicono cose tremende. Se è vero che da una parte moltissimi giovani sono attratti da un certo stile di vita liberale, è anche vero che in Egitto pochissimi possono poi davvero permetterselo e questo spinge poi molti giovani verso ideali conservatori. Un altro problema è stata l'immigrazione di molti esponenti della classe media verso i paesi del Golfo dove hanno appreso l'Islam più estremista. Inoltre, molti dei giovani che sono attratti da stili di vita più liberali se ne vanno dal paese per poi non tornare più".

La situazione economica dei più poveri sta migliorando?

Nabil el choubachy: "Difficile a dirsi. Anche se il governo sa che l'economia è la priorità delle priorità ed è consapevole che se non si riesce a risolvere la crisi economica rischia di esserci una terza rivoluzione dopo quelle contro Mubarak e Morsi. Se accadesse questa volta sarebbe un dramma irreparabile".

L'Egitto è sempre più coinvolto nella guerra in Libia e Yemen.

Dora Abdel Razik: "L'Egitto non poteva non intervenire in Libia dopo lo choc della decapitazione dei 21 cristiani copti".

Nabil el choubachy: "In Yemen, Al Sisi è intervenuto più per far contenta l'Arabia Saudita che per una reale urgenza. L'unico modo in cui lo Yemen potrebbe recare problemi all'Egitto è creando instabilità nel canale di Suez. Visto gli investimenti che il paese sta facendo per raddoppiare il canale, se l'instabilità somala o yemenita creassero un blocco della navigazione sarebbe un disastro. L'intervento militare è interessante più in una visione a lungo termine, in quanto Al Sisi ha proposto la creazione di una forza comune araba che intervenga dove ci siano conflitti. In questa ottica l'Egitto ha seguito l'Arabia Saudita in Yemen. Se domani avessimo un problema con altri paesi, per esempio la Libia, la speranza di Al Sisi è che l'Arabia Saudita appoggi l'Egitto come noi abbiamo appoggiato loro in Yemen. Questo non vuol dire che sposiamo su tutti i fronti la politica saudita. Per esempio riguardo alla crisi siriana l'Egitto non è cosi ossessionato di far cadere Bashar Al Assad. Il presidente siriano non è il mostro che si dice, certamente non è un santo, ma è immerso in una guerra civile contro l'Isis che è molto peggio di lui. Bisogna poi dire che le minoranze, in primis i cristiani, stavano molto meglio con Saddam Hussein o con Bashar Al Assad. Inoltre, se Bashar non fosse sostenuto da una grossa parte della popolazione sarebbe già caduto da un pezzo. Anche l'esempio libico rende ben chiaro cosa vuol dire detronizzare dittatori senza piani realistici per il dopo.

Sarkozy ha fatto cadere Gheddafi che di certo non era un sincero democratico, ma la Libia oggi è un vero inferno".

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