Finita la partita i calciatori si rifugiano in caserma e chiedono l'asilo politico
15 Ottobre 2015 - 18:23Al termine del match tra Botsowana ed Eritrea, valido per le qualificazioni ai mondiali, i giocatori della nazionale di Asmara non sono rientrati in patria ma hanno chiesto asilo politico al paese ospitante
Dieci giocatori della nazionale eritrea di calcio, mercoledì in Botsowana, hanno giocato la sfida valida per le qualificazioni ai mondiali del 2018. Nello stadio di Francis Town a vincere però sono stati i padroni di casa, ma il risultato per 3 a 1 a favore della squadra dell'Africa australe non è stata la notizia della giornata, perchè al di là dell'agonismo sportivo e dei numeri sui tabelloni, quello che ha impressionato è ciò che è successo al termine dei 90 minuti. Conclusosi l'incontro i giocatori della squadra eritrea infatti non sono saliti sul pullman che doveva riportarli al loro albergo e poi da lì in patria, ma sono corsi alla stazione di polizia, nei pressi dello stadio, e una volta lì hanno fatto richiesta d'asilo politico.
Un episodio che non è nuovo. Anche negli anni precedenti i giocatori di Asmara, durante le trasferte in Kenya e in Uganda, avevano provato a chiedere aiuto ai paesi ospitanti, e quest'ultimo tentativo è la riprova di come il regime di Afewerki colpisca tutti gli aspetti della vita del Paese: dalla politica, alle libertà individuali al mondo sportivo. I ragazzi della nazionale calcistica nel caso dovessero venire rimpatriati rischierebbero la galera e le torture, e il fatto che il loro gesto possa avere conseguenze sui loro parenti rimane comunque molto concreto. Il pallone diviene quindi un ambasciatore rotolante delle vessazioni e degli abusi commessi da una dittatura che ha eguali solo in Corea del Nord. Non è la prima volta che la meglio gioventù africana lancia il proprio grido di battaglia dai campi di calcio. Immediato è l'accostamento con la partita Zaire contro Brasile andata in scena ai Mondiali di Germania '74. I verdeoro vincevano 3 a 0. A pochi minuti dalla fine il carioca Rivelino, dal destro micidiale, si apprestava a battere una punizione. Tergiversava sulla palla e allora dalla barriera Joseph Mwepu si staccò, e dopo un breve corsa fu lui a calciare il pallone più lontano possibile dalla propria area e soprattutto dagli incubi di una nazionale che se avesse perso con più di 3 goal di scarto avrebbe avuto le ore contate. In quell'occasione a diramare l'ultimatum era stato il dittatore Mobutu, ma la fine del regime del maresciallo congolese sarebbe arrivata vent'anni più tardi.
Oggi quindi la speranza è che invece il grido della nazionale eritrea abbia un eco maggiore e non rimanga un semplice singulto di cronaca sportiva da inserire negli annali di calcio tra qualche decennio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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