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La parabola di Rubio, da grande speranza a grande flop

Troppo giovane e inesperto, o solo troppo moderato? Il senatore della Florida, ex delfino di Jeb Bush, è stato duramente sconfitto in casa. Solo a Miami è riuscito a "salvarsi". Ma non è bastato

La parabola di Rubio, da grande speranza a grande flop

"Siamo dalla parte giusta, ma quest'anno non saremo dalla parte vincente". Il senatore Marco Rubio ha annunciato così il suo ritiro dalla campagna per le presidenziali Usa, dopo la pesante sconfitta subita in Florida. La sua Florida. La terra che gli ha voltato le spalle, premiando, ancora una volta, Donald Trump, impostosi con il 45,8%. Un vero e proprio trionfo per il tycoon di New York. Rubio si è fermato al 27%. In termini assoluti Trump ha preso 1.075.500 voti, Rubio si è fermato a quota 635.217. Un dato sorprende più di tutti: Rubio non avrebbe vinto neanche se avesse ottenuto anche tutti i voti di Cruz (402.627). Ce l'avrebbe fatta solo sommando anche i voti di Kasich (159.039). Questo dato, da solo, conferma la potenza di fuoco di Trump. Secondo la regola del winner-take-all Trump porta a casa tutti i 99 delegati della Florida, davvero un bel bottino in vista della convention di Cleveland.

Ma torniamo a Rubio. Il senatore di origini cubane si deve accontentare della vittoria a Miami. Lì si è imposto, con 111.898 preferenze (62,7%), a conferma del fatto che la sua comunità non si è dimenticata di lui. Trump si è fermato al 22,5%, più indietro Cruz (9,1%), quasi non pervenuto Kasich (2,9%).

Nell'annunciare il ritiro dalla corsa Rubio ha detto: "Poiché non è nei piani di Dio che io diventi presidente nel 2016 e forse mai... oggi la mia campagna è sospesa". Poi ha aggiunto: "Quando ho deciso di correre ho deciso per una campagna realista ma ottimista. Da un punto di vista politico - ha aggiunto - la cosa più facile sarebbe stata cavalcare le ansie, ma ho scelto una strada diversa e ne sono orgoglioso. Sarebbe stata la via facile alla vittoria in un anno come questo, ma non sarebbe stato giusto per l'America" . Ed ha aggiunto, con amarezza: "L'America è nel mezzo di uno tsunami politico, la gente è arrabbiata e frustrata" (guarda il video).

Nel farsi da parte Rubio ha trovato anche le parole per fare i complimenti a Trump perché, come ha spiegato ai suoi fan (che non apprezzano il gesto), "viviamo in democrazia e bisogna rispettare la scelta degli elettori". Eppure proprio alla vigilia del voto in Florida aveva detto: Trump è un "imbarazzo" per il Partito repubblicano che finirà per "pagare un prezzo alto a novembre e oltre. "Quando sei la nazione più potente e importante del mondo, non sempre sei popolare. Ma la domanda è, sei rispettato? E io non credo che Donald Trump godrà di rispetto".

Come si può spiegare il flop di Rubio? Qualcuno osserva che la candidatura troppo debole. Può essere. Di certo il suo messaggio, troppo "moderato", non ha mai bucato, in una campagna dove a vincere sono stati i toni forti. Rubio ha provato a cambiare rotta quando ormai, per lui, era troppo tardi. La sua campagna non è mai decollata. Si è sempre trovato a rincorrere. Troppo giovane per fare il presidente? Oppure troppo inesperto? Di certo non l'ha aiutato lo scontro, tutto interno alla Florida, con Jeb Bush, suo antico mentore. Per imporsi e tentare di "rubargli" voti Rubio non ha esitato ad attaccarlo duramente. E Jeb non l'ha mai perdonato per questo.

Tanto che, quando i nodi sono venuti al pettine, in Florida, ha lasciato solo il suo ex delfino.

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