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Islam, ora il Consiglio d'Europa vuole sdoganare la sharia

All'ordine del giorno della prossima Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa c'è la questione della compatibilità della sharia con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il rapporto dell'organizzazione: “Bisogna sforzarsi di riconciliare le varie posizioni”

Islam, ora il Consiglio d'Europa vuole sdoganare la sharia

Tra i temi all’ordine del giorno della sessione invernale dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che si aprirà il prossimo 21 gennaio, ci sarà anche quello della “compatibilità della sharia con la Convenzione europea sui diritti umani”.

Il dibattito promosso dall’organizzazione internazionale che si occupa di difendere i diritti umani e la democrazia in Europa servirà a chiarire se gli Stati membri della convenzione possano essere contemporaneamente firmatari della dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam. Un documento adottato nel 1990 in risposta alla Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite, che individua la sharia come unica fonte del diritto. In altre parole, la dichiarazione garantisce quasi tutti i diritti riconosciuti nella dichiarazione dell’Onu, ma li sottopone ai limiti della legge islamica.

Un approccio che viene definito “problematico” nel rapporto stilato sul tema dal deputato socialista spagnolo, Antonio Gutiérrez. Il punto è che nonostante i dettami della sharia neghino alcuni diritti fondamentali alle donne o ai membri di altre religioni, contemplando in alcuni casi, come quello della blasfemia, anche la pena di morte, alcuni Stati membri del consiglio d’Europa, come Albania, Turchia e Azerbaigian, risultano tra i firmatari della dichiarazione sui diritti umani nell’Islam. Non solo. Il rapporto mette in guardia anche sulla presenza nella patria del diritto e della libertà per antonomasia, il Regno Unito, di almeno 85 tribunali islamici informali, deputati a risolvere dispute familiari o personali sulla base proprio della sharia. Anche in Grecia la minoranza musulmana preferisce rivolgersi ai muftì locali piuttosto che ai tribunali, per dirimere le controversie che riguardano questioni matrimoniali o di eredità. Accade lo stesso anche nel territorio della Federazione Russa, che è membro del Consiglio d’Europa dal 1996. Nelle regioni russe a maggioranza musulmana, come Cecenia, Inguscezia, Dagestan e Tatarstan, le liti vengono spesso giudicate secondo i dettami della sharia. Come probabilmente succede pure nelle enclavi musulmane presenti nelle più grandi città europee.

In questo quadro, secondo il rapporto del deputato spagnolo, “bisogna sforzarsi di riconciliare le varie posizioni e creare una base d’intesa tra la sharia e la Convenzione europea sui diritti umani”, a patto che tutti accettino il fatto che la Convenzione è uno strumento legalmente vincolante, mentre la dichiarazione del Cairo non lo è. Una sfida a dir poco ardua per l’organizzazione, che alcuni considerano addirittura persa in partenza. Per il deputato conservatore olandese, Pieter Omtzigt, ad esempio, membro del Partito Popolare Europeo e della commissione Affari giuridici e Diritti umani dell’APCE, la dichiarazione del Cairo non sarebbe affatto compatibile con la Convenzione europea sui diritti dell’uomo. Pertanto, gli Stati che hanno sottoscritto la prima non dovrebbero far altro che ritirarsi, visto che la seconda risulta legalmente vincolante nei loro confronti.

Insomma, per il deputato olandese, non ci sarebbe un granché da discutere: i diritti umani non possono essere regolati dalla sharia.

Ma non è escluso che il dibattito delle prossime settimane possa concludersi con una, seppur velata, apertura nei confronti della legge islamica che continua ad imporre le sue regole anche sul continente europeo.

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