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Johnson si salva dal disastro: respinto l'assalto interno

Il premier britannico ha affrontato la sfiducia dopo lo scandalo Partygate. La svolta dopo il raggiungimento delle 54 lettere necessarie per far partire il procedimento di voto interno al partito

Johnson si salva dal disastro: respinto l'assalto interno

È il giorno della verità per il primo ministro britannico Boris Johnson. Il partito conservatore, con 211 voti, ha respinto la mozione di sfiducia. Sono 148 invece i parlamentari che hanno voltato le spalle al premier. Un risultato che si può definire una vittoria di Pirro per il premier britannico, visto che i voti ostili confermano la grande spaccatura interna al partito di governo.

La mozione di sfiducia contro Johnson

Il voto è arrivato dopo la richiesta presentata dal 15% dei deputati Tories. Al momento, sono 359 i parlamentari della fazione di Bojo. Pertanto le lettere giunte al 1922 Comitee, il gruppo parlamentare che rappresenta i conservatori, devono essere state almeno 54. Il processo è fondato sul rispetto sacrale della privacy: nessuno quindi può conoscere, a meno di dichiarazione pubblica del diretto interessato, il numero di coloro che che hanno proposto il voto sul premier se non il capo del Comitato, Sir Graham Brady.

Secondo il regolamento del 1922 Comittee, per la permanenza di Johnson era necessario il voto della metà più uno dei deputati del partito, ovvero almeno 180. Il voto, che si è tenuto a porte chiuse e a scrutinio segreto, è sembrato in bilico fino all'ultimo, perché il malcontento che serpeggia all'interno del partito di Johnson, esploso dopo lo scandalo Partygate, non è di scarsa rilevanza. Come spiegato da Antonello Guerrera per Repubblica, dopo la deflagrazione dello scandalo delle feste private di Johnson durante il lockdown, "tanti deputati tory sono stati travolti di critiche dai loro elettori locali": fattore fondamentale in un sistema basato sull'uninominale secco in cui il rapporto con gli elettori del collegio è basilare.

Dibattito molto teso

Un portavoce di Downing Street, prima della riunione del partito, aveva detto che il voto offriva "l'occasione per porre fine a mesi di speculazioni", consentendo così all'esecutivo di "mettere un punto e andare avanti". Secondo quanto riferito dall'emittente britannica Bbc, Johnson, rivolgendosi ai suoi deputati prima del voto, ha promesso che li avrebbe guidati "di nuovo alla vittoria" e, stando alle indiscrezione trapelate dall'aula del voto, ha chiesto ai parlamenti di non proseguire le discussione per "un dibattito fratricida senza senso". Si è parlato anche di alcuni fragorosi applausi durante alcune fasi del suo appello. Ma c'è chi ha riferito anche di sguardi tetri tra le file dei sostenitori del premier, segno che le divisioni interne sono state importanti, come confermato del resto dall'alto numero di sostenitori della sfiducia.

La fiducia nel premier è bassa

Tuttavia, i sondaggi prima del voto hanno lanciato un chiaro avvertimento sul distacco della popolazione rispetto al premier e anche da parte di una minoranza consistente di elettori Tories. Come scrive AdnKronos, un sondaggio realizzato da Opinium ha rivelato che il 59% dei britannici, non solo quindi conservative, riteneva giusto che Johnson fosse sfiduciato. La percentuale degli scontenti scendeva al 34% tra gli elettori Tories, ma significa che comunque più di un terzo dei votanti del partito non sono contenti della gestione di Bojo.

Il voto è un campanello d'allarme

Proprio per questo motivo, diversi osservatori sottolineavano prima dello scrutinio che l'importanza del voto non era rappresentata solo dal, pur fondamentale, risultato finale, ma anche del numero dei "ribelli". Per molti la soglia critica di voti contro il premier sarebbe stata tra 120 e 130: oltre quel numero, per molti sarebbe stata in ogni caso una ferita per la leadership del primo ministro a prescindere dalla sopravvivenza alla sfiducia.

La presenza di quasi 150 parlamentari che si sono opposti a mantenere Johnson a capo del governo è un segnale da non sottovalutare.

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