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Khamenei tuona: "Anche i personaggi femminili dei cartoni devono portare l'hijab"

La guida suprema dell'Iran ha invocato l’hijab per i personaggi femminili dei cartoni riflettendo sugli effetti "pericolosi" prodotti da tali eroine sulle giovani iraniane

Khamenei tuona: "Anche i personaggi femminili dei cartoni devono portare l'hijab"

L’ayatollah Ali Khamenei, ossia la Guida suprema politico-religiosa dell’Iran, ha tuonato contro i cartoni animati, affermando che i personaggi femminili “devono indossare l’hijab”, ossia il tradizionale velo islamico che generalmente avvolge la testa delle donne. Il tema dell’abbigliamento delle cittadine iraniane è disciplinato in maniera rigorosa dalle leggi e dai precetti religiosi locali, con le donne del posto che possono incorrere in pesanti sanzioni se vengono sorprese in pubblico a capo scoperto. Ad esempio, lo scorso ottobre, una donna è stata arrestata per essere andata in strada in bicicletta senza portare intorno alla testa il velo, venendo di conseguenza incriminata per “oltraggio all’hijab”.

Relativamente alle parole di Khamenei, questi ha esposto il suo pensiero riguardo al contenuto dei cartoni animati dopo avere ricevuto una domanda fattagli ultimamente dall’agenzia di stampa Tasnim News Agency. Interpellato sui valori propagandati dai cartoni di matrice occidentale e dagli anime giapponesi trasmessi dalle emittenti iraniane, la Guida suprema ha messo in guardia la popolazione contro le “idee ingannevoli” e le “false rappresentazioni della realtà” contenute nelle trasmissioni. Il leader ha quindi dichiarato che i personaggi femminili dei cartoni devono indossare l’hijab, in quanto la presenza di protagoniste a capo scoperto produrrebbe conseguenze pericolose per la gioventù nazionale. In particolare, ad avviso di Khamenei, le ragazze, guardando in televisione eroine che non indossano il velo, crescerebbero intolleranti verso il tradizionale capo di abbigliamento, non riconoscendone più l’importanza. Di conseguenza, alla luce degli effetti diseducativi sulle ragazze che produrrebbe la visione di cartoni occidentali, l’ayatollah ha indicato come urgente e necessario il fatto che le protagoniste di serie tv o film per bambini e giovani debbano apparire a capo coperto.

Le parole della Guida suprema hanno immediatamente causato feroci polemiche nella Repubblica islamica, con il disappunto di intellettuali e attivisti che, sfidando la censura governativa, si stanno sfogando sui social network. La giornalista iraniana Masih Alinejad ha reagito alle dichiarazioni dell’ayatollah accusando quest’ultimo di avere una “tossica” ossessione per i capelli delle donne, suggerendogli contestualmente di imporre il velo anche agli animali che, sempre nei cartoni, hanno sesso femminile. Anche l’accademico Arash Azizi ha biasimato il leader politico-religioso, rinfacciandogli di occuparsi dei difetti dei cartoni animati e dei film invece di badare ai problemi seri del Paese.

Il rapporto tra autorità iraniane e prodotti audiovisivi, soprattutto occidentali, è stato sempre caratterizzato da pesanti ingerenze di natura religiosa in merito al contenuto di questi ultimi. La censura di Teheran sottopone infatti a maniacali scrutini l’industria cinematografica, imponendo puntualmente il taglio delle scene intime tra attori e attrici nonché l’eliminazione di dialoghi incentrati su qualsiasi tema giudicato compromettente dalle istituzioni del Paese.

Qualsiasi spezzone di film bollato come oltraggioso verso la Repubblica islamica viene automaticamente censurato e ogni lungometraggio interpretato come offensivo verso l’islam viene dichiarato all’istante fuorilegge.

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