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Così attivismo trans e politically correct limitano la libertà di parola

Ecco perché il politicamente corretto e certo attivismo transgender rappresentano un limite e in molti casi persino un pericolo alla libertà di parola e di pressione

Così attivismo trans e politically correct limitano la libertà di parola

Nelle scorse settimane, su IlGiornale.it raccontavamo la surreale storia di Kathleen Stock, femminista convinta e professoressa di Filosofia dell'Università del Sussex, nel Regno Unito, e di come abbia subito gravi minacce e insulti che l'hanno costretta a dover insegnare da remoto, per timore di ripercussioni fisiche sulla sua persona. Stock, in barba alla follia gender, ha affermato una cosa di semplice buon senso: il sesso biologico rimane predominante e le persone transgender non dovrebbero frequentare gli spazi riservati alle donne come spogliatoi e bagni. La docente femminista è stata accusata di essere "transfobica" ed è stata lasciata sola anche dal sindacato delle università, che ha deciso di non spendere nemmeno una parola rispetto alle minacce che la docente ha rcievuto. È solo l'ultimo esempio di un attivismo che con la scusa di difendere una categoria dalle discriminazioni promuove la gogna mediatica e invoca la censura contro chi non sposa l'ideologia del gender.

"Persone" al posto di "donne incinta" e "corpi con vagina"

Perché se è giusto e sacrosanto rispettare le persone transgender e i loro diritti e condannare gli atteggiamenti intolleranti, è altrettanto doveroso pretendere che la libertà di espressione venga tutelata. Come spesso accade nel campo del politicamente corretto, tuttavia, non c'è assolutamente spazio per il buon senso e per le mediazioni: atteggiamento tipico dei fondamentalismi. Come nota la rivista britannica Spiked Online, l'autoidentificazione di genere ha ora apparentemente superato le convenzioni di vecchia data. "Un maschio biologico - osserva la rivista -ora può identificarsi come femmina per avere accesso ai servizi igienici o alle carceri femminili". Chi non è d'accordo con questa tesi è tacciato di "transfobia". E così non solo la politica, ma anche le riviste scientifiche si sono dovute adeguare ai nuovi dogmi della correttezza politica e dell'attivismo transgender. Nella guida della British Medical Association dedicata al "linguaggio inclusivo" si consiglia di utilizzare il termine "persone incinte" invece dell'arcaico "donne in gravidanza", mentre The Lancet ha definito in un articolo le donne come "corpi con vagina" in un eccesso di correttezza politica.

Libertà di parola a rischio

Nel discorso pubblico le "raccomandazioni" sopra citate non si limitano a essere semplici "consigli" ma veri e propri codici che non si possono infrangere. Sbagliare un pronome, ad esempio, puo costare molto caro. Ne sa qualcosa Il deputato repubblicano statunitense Jim Banks, sospeso da Twitter per essersi rivolto - peraltro per farle un complimento - all’assistente segretaria della Salute e dei servizi umani Rachel Levine – una transessuale – utilizzando un pronome maschile. E purtroppo non è un caso isolato. Come riporta Spiked Online, le direttive emanate nel 2015 dalla Commissione per i diritti umani di New York affermano che i datori di lavoro e i proprietari che usano intenzionalmente i pronomi sbagliati con i loro dipendenti o inquilini "non binari" possono incappare in multe fino a 250.000 dollari. Nel 2018, l'allora governatore della California Jerry Brown ha approvato un disegno di legge che prometteva di penalizzare gli operatori sanitari che "intenzionalmente e ripetutamente" si rifiutavano di di utilizzare i pronomi "preferiti" dei loro pazienti. Dunque se un uomo di cinquant'anni una bella mattina si sveglia e si sente donna, avrà diritto a essere definito come una "lei" senza che nessuno possa mettere in discussione questa tesi: esattaomente come un tribunale in Canada, il quale ha recentemente stabilito che il rifiuto di usare i pronomi corretti di qualcuno "viola i suoi diritti umani".

Come spiega il filosofo francese Alain de Benoist nel saggio La Nuova censura. Contro il politicamente corretto (Diana Edizioni), "la causa profonda del politicamente corretto risiede in effetti nella cosiddetta metafisica della soggettività, che è una delle chiavi di volta della modernità. Cartesio ne è il grande antenato: ‘Io penso, dunque io sono. Io, io. In termini più attuali: me, me. La verità non è più esterna al me, ma si confonde con esso. La società deve rispettare il mio me, deve bandire tutto ciò che potrebbe offendermi, umiliarmi, urtare o disturbare il mio ego. Gli altri non devono decidere al posto mio su ciò che sono, pena fare di me una vittima.

A quanto pare, sono un uomo bianco dalla barba folta, ma se ho deciso che sono una lesbica in transizione, è così che mi si deve considerare".

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