La lezione di Joseph Ratzinger sui migranti

Ratzinger, oltre a ribadire l 'esistenza del "diritto a non emigrare", ha anche invitato la Chiesa a non cadere nel "mero assistenzialismo". Ecco cosa diceva

La lezione di Joseph Ratzinger sui migranti

Joseph Ratzinger e i fenomeni migratori. La realtà del mondo contemporaneo, e Benedetto XVI lo aveva in qualche modo predetto, non può essere interpretata senza tenere conto della portata numerica e culturale dell'immigrazione. Molti, specie tra i commentatori e i vaticanisti, usano contrapporre il pensiero del precedente pontefice a quello di Jorge Mario Bergoglio. In realtà, Papa Francesco, così come il suo predecessore, ha ribadito l'esistenza del diritto per i migranti di restare nella propria patria di appartenenza. Certo, gli accenti di Bergoglio posti sul tema sono diversi per stile comunicativo e contenuto da quelli del teologo tedesco, ma in generale appare forzato evidenziare un solco netto tra le due rispettive visioni del mondo. Come ha dichiarato recentemente il filosofo Radaelli, Francesco per certi versi può essere definito un "ratzingeriano esasperato". Resta d'attualità, in ogni caso, la posizione per cui quella di Bergoglio rappresenterebbe in qualche modo un caso di "teologia immigrazionista".

Dio, per Ratizinger, è amore. Lo ha ribadito nominalmente nell'enciclica intitolata "Deus Caritas est". Questo testo del teologo, come sottolineato qui, è fondato sull' "immagine cristiana di Dio e l'immagine risultante dell'umanità e del suo destino". Pretestuosa, molto pretestuosa, insomma, la narrazione per cui Benedetto XVI sarebbe stato un pontefice "antimigranti". "Nel vasto campo delle migrazioni la materna sollecitudine della Chiesa si esplica su varie direttrici. Da una parte - sottolineava Benedetto XVI nel messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato nel 2013 - quella che vede le migrazioni sotto il profilo dominante della povertà e della sofferenza, che non di rado produce drammi e tragedie. Qui si concretizzano interventi di soccorso per risolvere le numerose emergenze, con generosa dedizione di singoli e di gruppi, associazioni di volontariato e movimenti, organismi parrocchiali e diocesani in collaborazione con tutte le persone di buona volontà". Ratzinger, insomma, per quanto convinto della bontà del diritto a non emigrare, non ha mai messo in discussione la necessità dell'accoglienza. A patto, però, che fosse gestita legittimamente dai governi. Discorso diverso, invece, va fatto in materia di identità e di compiti della Chiesa cattolica.

Per Ratzinger, intanto, la Chiesa non deve contribuire al "mero assistenzialismo" :"La Chiesa e le varie realtà che ad essa si ispirano sono chiamate, nei confronti di migranti e rifugiati, ad evitare il rischio del mero assistenzialismo - dichiarava il papa nell'occasione citata - per favorire l’autentica integrazione, in una società dove tutti siano membri attivi e responsabili ciascuno del benessere dell’altro, generosi nell’assicurare apporti originali, con pieno diritto di cittadinanza e partecipazione ai medesimi diritti e doveri".

Ma Benedetto XVI, come specificato più volte, ha attribuito al diritto a restare nella propria patria una certa priorità simbolica:"Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra, ripetendo con il Beato Giovanni Paolo II che «diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione". In queste fasi di acceso dibattito sui migranti, la lezione d Ratzinger rappresenta, senza alcun dubbio, un caposaldo valoriale e teologico, per chi crede, da tenere in forte considerazione.

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