Gli Stati Uniti tornano a pungolare Matteo Renzi. Secondo il Dipartimento di Stato americano, un maggiore impegno in Libia da parte di Roma sarebbe benvenuto. L'invio di truppe italiane e di altri Paesi europei per creare una forza locale di stabilizzazione dopo la formazione di un nuovo governo di unità nazionale è, secondo il New York Times, una delle opzioni in esame per fronteggiare l'escalation della minaccia jihadista in Libia. Minaccia che, sempre secondo i media americani, sta facendo aumentare il pressing dei più alti consiglieri per la sicurezza nazionale americana su Barack Obama perché approvi l'uso della forza militare in Libia per aprire un nuovo fronte contro il Califfato, parallelamente agli sforzi diplomatici internazionali per il varo di un nuovo governo di unità nazionale.
"Gli Stati Uniti sono grati all'Italia per l'impegno in Libia", ha comunicato il portavoce del Dipartimento di stato americano, John Kirby, lodando in particolare il ruolo svolto dai carabinieri con il loro lavoro di addestramento dei militari libici. Ma affermando anche come "un maggiore impegno" del nostro Paese "sarebbe il benvenuto". "Gli Stati Uniti - ha assicurato - aumenteranno i loro sforzi, e vorremmo che anche gli altri Paesi facessero lo stesso. Ma la decisione spetta solo a loro". Intanto Obama si appresta ad agire. "La Casa Bianca deve solo decidere", ha dichiarato al New York Times un dirigente del dipartimento di Stato sotto anonimato spiegando che "il caso è stato sviscerato praticamente da tutti i dipartimenti". Tuttavia, dopo aver incontrato giovedì scorso i suoi consiglieri per la sicurezza e i vertici del Pentagono, il presidente degli Stati Uniti sembra ancora titubante sul da farsi. È, infatti, preoccupato di imbarcarsi nell'ultimo anno del suo mandato in un'altra avventura militare in Libia dopo il disastroso vuoto creato dall'eliminazione di rais Muhammar Gheddafi. Nello stesso tempo, però, deve muoversi velocemente per prevenire il rischio della ramificazione dell'Isis alle porte dell'Europa, che potrebbe minacciare più direttamente anche cittadini ed interessi americani. Per questo il presidente degli Stati Uniti ha sollecitato di aumentare gli sforzi per creare il nuovo governo libico mentre il Pentagono affina le opzioni che comprendono attacchi aerei, raid con commando e consiglieri per le milizie libiche sul terreno, come stanno facendo ora le forze per le Operazioni Speciali nella Siria orientale.
Per il momento resta escluso l'uso di truppe su larga scala. Ma la discussione in seno all'amministrazione Obama non è ancora finita né è stata decisa l'entità o il contorno di un eventuale coinvolgimento militare americano in Libia che in ogni caso sarebbe coordinato con gli alleati europei. La speranza principale è appesa al difficile varo del nuovo governo libico, già respinto una prima volta dal parlamento, sullo sfondo della lotta tra varie fazioni. In caso di successo, ogni intervento potrebbe essere coordinato con la nuova leadership, compreso l'invio di truppe italiane e di altri Paesi europei per far nascere una forza locale di stabilizzazione. Tra le opzioni anche quella di rispolverare il piano del Pentagono per addestrare truppe anti terrorismo.
Il tempo stringe. E lo Stato islamico continua a rafforzarsi. "In Libia il numero dei combattenti del Califfato - spiega la difesa americana - è aumentato da 5.000 a 6.500, più del doppio rispetto rispetto alle stime fatte lo scorso autunno dagli analisti governativi". Per questo, secondo alcuni alti dirigenti ed ex dirigenti dell'amministrazione, se i percorsi paralleli di sostegno al processo politico in Libia e di lotta al Califfato "si rinforzano reciprocamente", a un certo punto gli Stati Uniti potrebbero agire unilateralmente o con gli alleati se posti di fronte ad una credibile minaccia dagli avamposti libici del Califfato.
"Cercheremo di aiutarli ad ottenere il controllo del loro paese - ha spiegato il capo del Pentagono Ash Carter - ma non vogliamo scivolare verso una situazione come quella in Siria e in Iraq". I generali attendono ordini, ora tocca al commander in chief, il presidente, prendere una decisione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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