Lo scorso giugno Wikileaks rivelò una bozza del trattato Tisa (Trade in services agreement, accordo di scambio sui servizi) per la liberalizzazione del mercato dei dati. Il dettaglio che subito emerse, sullo sfondo, era questo: una volta divenuto operativo l'accordo avrebbe di fatto cancellato il potere d’intervento dei governi, lasciando mano libera ai grandi gruppi del settore. Gli interessi in gioco sono enormi: basti pensare che il settore servizi è, come numero di posti di lavoro, il più grande del mondo, con il 70% di prodotto interno lordo. Solo negli Usa vale l'80% dei posti di lavoro, con tre quarti di Pil.
Chi decide sul trattato? Sono 50 Stati: Usa, 28 paesi dell'Ue, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Svizzera, Islanda, Norvegia, Liechtenstein, Turchia, Israele, Taiwan, Hong Kong, Corea del Sud, Giappone, Pakistan, Panama, Perù, Paraguay, Colombia, Cile, Messico e Costa Rica. Un documento riservato pubblicato dalla rete indipendente Associated Whistle-Blowing Press rivela alcuni dettagli molto interessanti: in primo luogo la trattativa viene portata avanti, in segreto, dal 2013. A discutere sono i governi di 23 Paesi (c'è anche l'Italia). Emergono con chiarezza le forti pressioni degli Stati Uniti per superare le regole nazionali sui seguenti aspetti: scambio dati personali, e-commerce, circolazione e conservazione dati, net-neutrality. L'obiettivo è privatizzare il più possibile, togliendo il controllo da parte delle autorità statali. Il documento (si tratta della proposta del rappresentante del commercio americano, non quindi, del governo Usa) risale all'aprile scorso.
Ma in pratica cosa volevano (vogliono) gli americani? Niente di particolarnente sconvolgente: fare i loro interessi avvantaggiando la propria industria Ict che fornisce servizi a livello globale, soprattutto attraverso il commercio elettronico. Ovviamente gli europei, e tutti gli altri Stati, hanno pieno diritto a far valere le proprie ragioni, visto che si tratta di un libero accordo. Scontato che se la proposta passasse, come desiderato dagli Usa,
gli americani controllerebbero ancor di più i dati. E questo si tradurrebbe in un cospicuo vantaggio per il governo a stelle e strisce (per la sicurezza nazionale) e le grandi multinazionali.
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