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La missione della nave italiana per fermare gli scafisti

La nave San Giorgio è stata fotografata davanti alle coste della Tripolitania. Come rivelato da Repubblica, l'unità italiana ha consegnato mezzi per il coordinamento del soccorso marittimo e per il contrasto alla tratta di esseri umani

Missione della nave italiana: in Libia per fermare i trafficanti

Una nave a largo della Libia. I primi account Twitter che rilanciano la foto sospettano si tratti di un'unità turca, una delle tante che hanno affollato in questi anni i mari davanti alla Tripolitania. Poi però, guardando meglio i dettagli dello scafo, si nota qualcosa: non è un mezzo di Ankara, ma una nave italiana, precisamente il San Giorgio. Un'unità LPD (Landing Platform Dock) che dall'aprile di quest'anno è la nave ammiraglia per l'Operazione Irini, la missione sotto egida europea che monitora l'embargo delle armi in Libia oltre a coadiuvare e sostenere le forze locali nella raccolta di informazioni sui traffici illegali e il contrasto al traffico di esseri umani.

Cosa sta succedendo

Come svelato da Gianluca di Feo per Repubblica, la nave italiana "ha consegnato al governo libico una centrale mobile per il coordinamento del soccorso marittimo, chiamata con l’acronimo inglese Mrcc (Maritime Rescue Coordination Centre)". La missione consiste quindi nel trasporto di una serie di container con apparecchiature radio e informatiche per il miglioramento del controllo del traffico nel Mediterraneo centrale che "serviranno di conseguenza a potenziare gli interventi della Guardia costiera di Tripoli anche nelle attività contro l’immigrazione clandestina". Un'operazione che rientra nel quadro della missione europea per il controllo delle frontiere libiche e che per l'Italia coinvolge anche il ministero dell'Interno. In questi anni il Viminale, nell'ambito della "Support to Integrated border and migration management in Libya – First phase", ha aiutato Tripoli nel controllo delle coste migliorando le capacità operative delle forze locali anche nella definizione e nell'implementazione della propria area Sar. Ma questo obiettivo è stato spesso frustrato, oltre che da motivi politici, dall'incapacità stessa delle forze libiche nel controllare adeguatamente il traffico in partenza dal proprio territorio. I container consegnati dal San Giorgio, come spiegato da Repubblica, dovrebbero dunque servire a modernizzare gli apparati tecnologici permettendo a Tripoli di commbattere più efficacmente traffici illeciti e reti criminali che sfruttano la tratta di persone.

Una missione duplice

Per l'Italia si tratta di una missione che ha un duplice scopo. Da una parte quello tattico, cioè delle maggiori possibilità date alle autorità libiche di controllare il tratto di Mediterraneo utilizzato per le rotte dei trafficanti. Uno strumento che serve non solo per evitare l'arrivo incontrollato di migranti sulle coste italiane ma anche per escludere che le navi-madri o imbarcazioni senza alcun tipo di sicurezza siano lanciate dalle organizzazioni criminali in balia delle onde con il rischio di popolare il drammatico cimitero del Canale di Sicilia.

Dall'altra parte c'è anche un profilo strategico e diplomatico. L'arrivo del San Giorgio infatti non è solo l'immagine di un rinnovato apporto europeo a un problema come quello del controllo dell'immigrazione clandestina nel Mediterraneo centrale, ma anche del ritorno dell'Italia in un'area che per molto tempo sembrava essere gestita da altre forze, in particolare turche. E non a caso l'analista che per primo aveva postato la foto su Twitter aveva pensato si trattasse di un'imbarcazione battente bandiere della Mezzaluna. I porti della Tripolitania, dopo l'arrivo delle forze di Recep Tayyip Erdogan, sono diventati molto spesso degli hub turchi in territorio libico. E l'idea che la flotta italiana (in ambito Ue) torni a essere accolta nei terminal della Tripolitania e consegnando materiali utili alle forze del governo è un segnale importante.

Segnali di ripresa di un dialogo con la Libia che non può essere interrotto senza gravi conseguenze.

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