In Olanda è stata fatta di recente una scoperta molto promettente sul fronte della lotta al coronavirus, relativa agli effetti benefici della vitamina K. Tale elemento, presente in broccoli, spinaci, uova e nei formaggi tipo grana e in quelli erborinati, può infatti aiutare l’organismo umano a resistere agli attacchi del morbo e a scongiurare le principali patologie connesse all’infezione da Covid. A condurre la ricerca citata su centinaia di malati e di persone sane sono stati gli esperti dell’ospedale Canisius Wilhelmina di Nimega, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca cardiovascolare di Maastricht, uno dei principali centri di studio in Europa sulle malattie cardiache.
Lo studio olandese, effettuato su 134 soggetti ricoverati per coronavirus e su 184 cittadini sani, ha appunto evidenziato che i pazienti hanno probabilità drammaticamente più alte di venire uccisi dal virus o di finire in terapia intensiva se presentano, nel loro organismo, gravi carenze di vitamina K.
La proprietà benefica di quest’ultima consisterebbe, spiega il Guardian, nella capacità di contrastare la degenerazione di alcuni organi fondamentali del nostro corpo causata proprio dal Covid. Il microbo incriminato, una volta infettato il malcapitato, provoca infatti la coagulazione del sangue, con conseguente rischio di trombosi, nonché un progressivo danneggiamento delle fibre elastiche dei polmoni.
La portentosa vitamina, che viene normalmente assunta dalle persone mediante l’alimentazione per poi venire assorbita nel tratto gastrointestinale, riuscirebbe quindi a salvaguardare il sangue e i polmoni dagli attacchi del coronavirus, in quanto è un elemento chiave nella produzione delle proteine che regolano la coagulazione ematica e che ci proteggono contro le malattie dei polmoni.
Di conseguenza, i risultati dello studio olandese suggeriscono, rimarca la testata britannica, che una dieta basata su cibi ricchi di vitamina K accrescerebbe, nel nostro organismo, le difese contro eventuali aggressioni del Covid.
Sempre alla luce dei risultati della ricerca, gli esperti orange hanno fatto cenno alla possibilità di sottoporre i pazienti infettati a terapie basate su salutari ed efficaci ingestioni della medesima vitamina.
Nonostante i promettenti e ottimistici presupposti scientifici rilevati di recente su quest’ultima, gli scienziati partecipanti allo studio di cui parla il Guardian invitano a mantenere la calma, affermando che gli studi sulla vitamina K necessitano di ulteriori sperimentazioni e di maggiori finanziamenti. I ricercatori hanno infatti subito negato che il portentoso composto organico possa essere somministrato indiscriminatamente a tutti i malati di coronavirus. Ad esempio, hanno continuato gli esperti olandesi citati dalla testata, i soggetti che, per patologie croniche, già assumono farmaci anticoagulanti non possono assolutamente sottoporsi a terapie a base di vitamina K, dato che la stessa, combinata con quelle medicine, potrebbe causare gravi conseguenze indesiderate sulle persone.
I luminari dei Paesi Bassi, sottolinea l’organo di stampa londinese, ci hanno comunque tenuto a segnalare, nell’attuale “terribile situazione” in cui si presenta il mondo per colpa dell’epidemia, le importanti prospettive di cura aperte dallo studio fatto presso il Canisius Wilhelmina.
Uno dei membri del gruppo di ricerca in questione, il dottor Rob Janssen, ha appunto ribadito le proprietà salutari dell’ingerire grandi quantità di vitamina K, sia attraverso l’alimentazione ordinaria sia con integratori. A tale proposito, egli, citato dal Guardian, ha dichiarato: “Anche se questa vitamina non è sufficiente a combattere contro infezioni acute di Covid, è ottima per i nostri vasi sanguigni, per le nostre ossa e, molto probabilmente, per i nostri polmoni”.
Il medico ha poi elencato i cibi in cui è maggiormente presente il benefico composto organico: “Esistono la vitamina K1 e la K2. La prima si trova negli spinaci, nei broccoli, nella verdura a foglia verde, nei mirtilli e, in generale, in tutti i tipi di frutta e verdura. La K2 viene però assorbita meglio dall’organismo. È presente soprattutto, devo dirlo, nei formaggi olandesi, ma anche in quelli francesi”.
Janssen ha allora aggiunto, riporta il giornale d’Oltremanica, che la vitamina K2 sarebbe particolarmente presente anche nei germogli di soia fermentati, elogiando contestualmente le proprietà benefiche del natto, pietanza giapponese a base proprio di quei germogli. Il medico olandese, per mettere in risalto le qualità salutari del piatto nipponico ricco della portentosa vitamina, fa quindi riferimento al caso di alcune località del Paese del Sol Levante dove si consumano abitualmente grandi quantità di natto. Lì, afferma il luminare, non si sarebbe registrata alcuna vittima di Covid.
A delineare i prossimi passi delle ricerche sugli effetti anti-coronavirus della vitamina K è stato infine Jona Walk, un altro partecipante allo studio condotto presso il Canisius Wilhelmina, specificando che si punterà a immettere alte dosi della stessa nell’organismo di pazienti gravemente malati di coronavirus, al fine di
accertare se è possibile, mediante massicce ingestioni del composto organico citato, attivare anche nei casi clinici più gravi le proteine che proteggono i polmoni dalla degenerazione e il sangue dalla coagulazione patologica.
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