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Attivisti curdi in sciopero della fame per leader del Pkk Ocalan

Chiedono notizie da Imrali. Il governo: "Sfruttano la questione per loro obiettivi"

Manifestazione in favore di Abdullah Ocalan a Colonia
Manifestazione in favore di Abdullah Ocalan a Colonia

Le condizioni di Abdullah Ocalan sono di nuovo materia per lo scontro politico. Lo sono da alcuni giorni, da quando cinquanta attivisti curdi, alcuni parlamentari inclusi, hanno iniziato uno sciopero della fame per richiamare l'attenzione sulla situazione del detenuto leader del Pkk.

In carcere dal 1999, quando fu portato al carcere di massima sicurezza a Imrali, isola nel Mar di Marmara, il fondatore del Pkk comunica con l'esterno tramite i suoi avvocati. Da oltre 500 giorni, tuttavia, da lui non si hanno aggiornamenti. Per questa ragione un gruppo di volontari, di cui fa parte anche la nipote Dilek, parlamentare con l'Hdp, ha dato il via alla protesta.

Ocalan sta scontando una pena a vita per tradimento, come capo di un'organizzazione che in Turchia e nei Paesi alleati di Ankara viene considerata una sigla del terrorismo. Da luglio 2015, quando il cessate il fuoco con lo Stato è venuto meno, è tenuto in isolamento, senza che avvocati o sostenitori possano fargli visita.

Il ministro della Giustizia turco, Bekir Bozdag, ha accusato il Pkk di farne una questione "per obiettivi personali" e risposto agli attivisti curdi che sulle condizioni di salute di Ocalan non ci sono novità. Rassicurazioni che però non convincono il Hdp, partito "filo-curdo" nella minoranza parlamentare e che ad Ankara considerano troppo vicino al Pkk.

La co-leader Figen Yuksekdag ha risposto al governo: "Non vogliamo avere notizie da voi. Il vostro 'sta bene' non ci rassicura. Vogliamo vederlo con i nostri stessi occhi". Duro anche il commento del co-segretario Selahattin Demirtas, convinto che, se da Imrali "non arriveranno notizie, la tensione salirà".

Scontro militare e golpe

Posizioni inconciliabili, quelle dell'Akp di Erdogan e del Hdp. E non è una novità. Se la leadership del partito di minoranza sostiene di essere "pronta a ogni sacrificio" per porre fine agli scontri tra Pkk e forze di sicurezza nel sud-est della Turchia, il primo ministro Binali Yildirim è stato chiaro nel dire che un ritorno al negoziato è impossibile.

Due i fronti su cui la Turchia è impegnata militarmente contro sigle vicine al pensiero di Ocalan: in casa, con il contrasto alla guerriglia che colpisce sopratutto nelle province sud-orientali. In Siria, dove da giorni l'operazione "Scudo dell'Eufrate" ha come obiettivi tanto l'Isis quanto le milizie del Pyd, partito curdo "gemello" del Pkk, che controlla un'ampia fascia del confine.

La distanza tra Hdp e il resto dell'arco parlamentare non è di oggi, ma non si è di certo ridotta dopo il fallito colpo di Stato del 15 luglio. Dal nuovo clima di unità nazionale, su cui il governo sta ora puntando tutto, il partito di Demirtas e della Yuksekdag è rimasto escluso.

Oggi Huseyin Aydin, avvocato del presidente Erdogan, ha detto al quotidiano locale Hurriyet che sono state ritirate tutte le querele presentate per ingiurie alla presidenza e chiesto il rilascio per chi si trovava in carcere per questa ragione, una mossa annunciata da tempo.

Il provvedimento varrà anche per i leader di minoranza Kilicdaroglu (repubblicani) e Bahceli (ultra-nazionalisti), ma non per i dirigenti del Hdp.

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