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Quel presentatore condannato al carcere per aver intervistato un gay

Un presentatore egiziano è stato condannato a un anno di carcere in seguito a un'intervista rilasciata da una persona omosessuale. Il caso che scuote l'Egitto

Quel presentatore condannato al carcere per aver intervistato un gay

Mohammad Al Gheiti, presentatore televisivo egiziano, si è reso responsabile di un'azione che - a quanto pare - rientra in una fattispecie penale del diritto vigente nella nazione nordafricana: un regolare processo - con tutti i crismi del caso, dunque - ha giudiziariamente disposto che l'uomo dovrà trascorrere un anno in condizione di pena detentiva (con l'aggiunta di un anno di sorveglianza e di una multa) perché - come si legge su Il Corriere della Sera - è stato giudicato colpevole di aver "promosso l'omosessualità" e agito "con disprezzo" nei confronti della confessione religiosa.

Questa è una di quelle storie che interessa la coincidenza tra precetti musulmani e legge statale, che a sua volta è uno degli aspetti più criticati da chi ritiene che l'islam debba ancora fare i conti col normativismo e il diritto positivo. Stando alla lectio di Ratzinger a Ratisbona si potrebbe parlare di "ragione". Ma questo è un altro discorso. Cosa ha fatto, del resto, Mohammad Al Gheiti, personaggio sì mediatico, ma di estrazione conservatrice e quindi difficilmente attaccabile sul piano delle aperture ideologico - giuridiche sui diritti civili? Ha intervistato una persona omosessuale. E tanto è bastato, quindi, per far scattare la procedura processuale? A leggere quanto riportato sul quotidiano citato sembrerebbe di sì.

L'intervistato in questione ha raccontato ad Al Gheiti di essere stato un escort e di aver condiviso la sua esistenza terrena con una persona del suo stesso sesso. In riferimento a queste dichiarazioni, sarebbe stata negativamente eccepita l'ostentazione di "simboli omosessuali". Per l'Egitto, un racconto di questa tipologia, sembra rappresentare quindi un tabù.

Certo, la pena può essere sospesa, ma la notizia sembra risiedere pure nella grossa differenza intercorrente tra quello che accade in Occidente, con lo sdoganamento di alcuni temi - la cosiddetta "propaganda Lgbt" - che passerebbe pure per la scuola pubblica, per citare uno degli esempi possibili, e le restrizioni - magari opinabili - previste in Egitto e negli altri Paesi in cui la sovrapposizione tra legge religiosa e legge civile pare persistere in maniera indissolubile.

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