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"È razzista": polemica per il discorso di Harry all'Onu

Su Twitter monta la protesta contro la presenza del principe Harry all’Onu, dove terrà un discorso per celebrare il Mandela Day

"È razzista": polemica per il discorso di Harry all'Onu

Lunedì 18 luglio 2022, in occasione della giornata dedicata a Nelson Mandela (istituita nel 2019), il principe Harry ha preparato un intervento di fronte all’Assemblea Generale dell’Onu. Si tratterà del primo evento pubblico a cui prenderà parte dopo il Giubileo di Platino per i 70 anni sul trono della regina Elisabetta. È prevista anche la presenza di Meghan Markle. Per i tabloid questo discorso rappresenta un vero e proprio omaggio a Lady Diana, che ha incontrato Mandela poco prima di morire. Secondo alcuni, però, il duca di Sussex non meriterebbe di parlare di fronte a una platea così importante, facendosi paladino di valori che nel suo passato avrebbe infranto diverse volte.

In ricordo di Diana

Per il principe Harry commemorare una grande personalità come quella di Nelson Mandela non è solo un modo per portare avanti le sue battaglie in difesa dei più deboli, ma anche la strada più semplice da percorrere per “ritrovare” sua madre e onorarne il ricordo. Lady Diana, infatti, conobbe Mandela nel marzo 1997, solo 5 mesi prima di morire nel terribile schianto sotto il Tunnel dell’Alma. Quella fu la prima e ultima volta in cui il presidente sudafricano, emblema della lotta contro l’apartheid, incontrò la principessa del Galles, con la quale condivideva ideali e molte battaglie. Chissà cosa avrebbero potuto fare i due, insieme, se Diana avesse avuto più tempo a disposizione.

La madre di William e Harry si recò a Cape Town per andare a trovare suo fratello, che in quegli anni viveva in Sudafrica, ma non dimenticò di visitare gli ospedali, portando conforto alle persone sofferenti, come faceva molto spesso. In particolare si dedicò ai malati di Aids, come le avrebbe consigliato proprio Mandela. Lady Diana, da anni impegnata in una campagna di sensibilizzazione su questa grave malattia (cosa che le avrebbe procurato degli attriti con Sua Maestà), seguì il consiglio. Oggi possiamo dire che, anche grazie a lei (e, naturalmente, alla ricerca scientifica), molti pregiudizi e tabù sull’Aids sono definitivamente caduti.

Dell’incontro tra Mandela e Lady Diana rimane una foto in cui i due, sorridenti, si stringono la mano, gesto che, forse, poteva essere l’inizio di una bella amicizia. Il principe Harry ebbe modo di osservare commosso quello scatto nel 2015, durante una visita agli archivi della Fondazione Mandela. Il prossimo 18 luglio toccherà al duca raccoglierà il testimone di sua madre e, al cospetto dell’Assemblea Generale dell’Onu, pronuncerà un discorso che, sostiene la stampa, dovrebbe focalizzarsi sulla piaga della fame nel mondo e sulla questione del cambiamento climatico. Quando è stata confermata la partecipazione dei Sussex alle Nazioni Unite, gli utenti di Twitter si sono scatenati, accusando Harry di ipocrisia. Secondo alcuni il principe non sarebbe l’ideale portavoce di coesione, unità e solidarietà, a causa del suo passato macchiato, a quanto sembra, da episodi razzisti.

Un hashtag contro il duca di Sussex

L’hashtag #PrinceHarryisaracist è la bandiera, per così dire, sotto alla quale si sono ritrovati tutti quelli che considerano il duca di Sussex un personaggio non in linea con i valori di uguaglianza e libertà propugnati da Nelson Mandela. L’hashtag è diventato trending topic, ovvero è un argomento di tendenza sul social. I critici nei confronti di Harry non si limitano alle parole, ma fanno accuse circostanziate, spiega il magazine Marie Claire, riportando stralci di giornali di molti anni fa. Tra gli episodi più citati e controversi ce n’è uno, riportato dal Times: nel 2005 il duca parlò ai giornali della sua fidanzata dell’epoca, Chelsy Davy, originaria dello Zimbabwe. La giovane, infatti, era stata invitata a Highgrove dalla royal family, suscitando la curiosità della stampa. Chissà perché, però, Harry avrebbe avuto l’infelice idea di dire di fronte ai giornalisti: “Beh, sai non è mica nera o cose del genere”.

Una frase inquietante, forse una battuta, ma di certo, almeno per come è stata riportata, squallida e di cattivo gusto. I media non l’hanno certo dimenticata. Come rammentano bene anche la tristemente famosa festa a cui il principe si presentò indossando una divisa nazista e che gli utenti di Twitter stanno facendo circolare di nuovo in queste ore. Non basta: circolano anche un presunto video in cui il principe Harry punterebbe le dita chiuse a pistola contro la testa di un uomo di colore, un altro filmato in cui il duca si rivolgerebbe a un cadetto chiamandolo “paki”, termine spregiativo derivato da “pakistano” e a un altro soprannominandolo “raghead”, altra parola sprezzante per definire gli uomini che, come da tradizione nei loro Paesi d’origine, indossano il turbante. Su Twitter gli utenti sottolineano anche che ancora nel 2005 L’Accademia Militare Reale di Sandhurst punì il duca per il suo atteggiamento discriminatorio, costringendolo a frequentare un corso contro il razzismo.

La petizione

A tutto questo si aggiunge una petizione, nata su Change.org, per escludere il principe Harry dal Mandela Day. Questa iniziativa sarebbe stata promossa da un certo Evans Einstein (con buona probabilità si tratta di uno pseudonimo), che sui social sostiene di voler “smascherare le bugie e la condotta malvagia di Meghan Markle” e, a proposito di Harry, ha detto: “Datemi retta, quel giorno farà la solita lagna, come fa sempre, fingerà di piangere, tirerà in ballo la madre e userà le solite tattiche”.

Sarà solo un hater ansioso di conquistarsi il quarto d’ora di celebrità? Forse, però la situazione è molto spiacevole e controversa: da una parte abbiamo gli errori veri e presunti di Harry (e se si fosse pentito, una volta diventato più maturo?), il quale, però, ha sposato una ragazza afroamericana e si è scagliato contro il comportamento, da lui giudicato razzista, (ma è tutto da dimostrare), dei Windsor. Dall’altra, invece, abbiamo uno sconosciuto, nascosto dietro a un monitor, che attira le folle con rancore e invettive.

Di certo non otterrà l’attenzione dell’Onu, ma le ondate di odio sul web sono sempre un fenomeno da non sottovalutare.

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