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Lo scontro davanti a una pinta: "Noi del No restiamo scozzesi"

Quelli schierati col "sì" offrono sconti, chi ama la regina non mette piede al pud

Lo scontro davanti a una pinta: "Noi del No restiamo scozzesi"

Edimburgo - Ti aspetti d'incontrare tutto in uno degli oltre 700 pub di Edimburgo. Tutto tranne un uomo di 35 anni, bengalese, che sull'uscio discute animatamente con uno scozzese in kilt. «Allora siamo d'accordo, gli scozzesi sono più aperti degli sporchi inglesi». John ha votato Scottish National Party; Laky si è appena sposato. Due facce dello stesso fronte indipendentista che ha attecchito parecchio nella comunità immigrata scozzese, pronta a votare la fine dei 307 anni di unità: «We vote? For Yes!», dicono. Come fosse scontato. Anche se John ha i capelli rasati, bianco come il latte, nato nelle «Islands» e un lavoro a Edimburgo da tre anni, e Laky è arrivato qui solo dieci anni fa. La grondaia traccia un segno tra il negozio di kebab e il pub dove fuori fumano una sigaretta. Gridano il loro supporto ad Alex Salmond, primo ministro scozzese: «A noi non serve una spilla, né tantomeno un adesivo. Noi abbiamo questa» e indica la Croce di Sant'Andrea, quella della bandiera scozzese esposta all'ingresso del locale che segna clientela e tendenza di voto come in molti altri pub.

Il Sì all'indipendenza della Scozia vive qui, più che negli uffici, nei cantieri più che nelle banche e soprattutto segna la geografia della vita notturna della capitale scozzese, almeno in questa fase. Tanto che nelle ultime ore di campagna i giovani si sentono «esiliati», «espropriati», «vittime». Di giorno conducono una campagna alternativa fatta di bandiere, slogan, spille e distinguo, mentre di sera devono quasi stare attenti a dove vanno. Chi è per il No, come molti Under 25, la generazione Erasmus, evita quei pub in cui la bandiera scozzese è diventata simbolo identitario: «Vedi, tu già sai che lì trovi l'operaio a fine lavoro che si sbronza con i colleghi, che se mi vede con la spilla mi insulta, quindi la birra me la prendo altrove anche se quello è un ottimo pub».

Morrison Street, sala da biliardo dove con un Pound si ottiene una mezza pinta. «Votiamo No, ma ci sentiamo comunque scozzesi, come loro». Colin, capelli rossi nascosti da un berretto, dall'altro lato della strada indica con un cenno di rispetto gli uomini del pub di fronte («perché siamo nati tutti in questa nazione»). È in fila per entrare in un locale più cool, «dove non è che non beviamo birra. Solo ci va di divertirci e non di discutere». Prince Street è l'arteria principale di Edimburgo. Più turisti che scozzesi autentici. Fuoriescono vie secondarie e le opinioni nel giro di poche centinaia di metri si fanno sentire. Giovedì scorso c'è stata la grande adunata del Sì con Salmond&Co, che ha promesso una Scozia «più ricca». Seguita, domenica, dalla Notte per la Scozia, megaconcerto per l'indipendenza andato in scena non senza polemiche alla Usher Hall. «Voglio ascoltare una parola sola, stasera, e quella parola è “s씻, ha detto il cantante dei Franz Ferdinand, Alex Kapranos.

Un «concerto per venduti», dice chi conosce sia il gruppo scozzese, sia l'organizzatore. Anthony, 32 anni, rivendica il suo No a quel Tommy Sheppard con un passato da impresario teatrale e già assistente nel Labour scozzese che ha promosso l'evento, «No a una Scozia che intende ripiegarsi su se stessa». Si gira e indica un altro pub: «La birra lì costa meno», dice con disprezzo elencando tutte le «facilitazioni» che il fronte indipendentista sta mettendo in campo «insieme a una miriade di generalizzazioni». Dalle risorse petrolifere del nord gestite in autonomia in caso di Sì, anche se al 91%; all'incognita sulla moneta e sulle tasse, che probabilmente aumenteranno. Bisogna però guardare sul petto delle persone per capire quanto eterogeneo sia il fronte del Sì. Spille, adesivi. Gli indipendentisti ne hanno prodotte una quantità incalcolabile. Non è come la battaglia tra Repubblicani e Democratici in America, con i rossi che si distinguono dai blu. I manifesti pro secessione sono di ogni colore: «Una scelta voluta», spiega Margaret, attivista pro Sì: «I colori simboleggiano un movimento che attraversa ogni fascia di età e stato sociale». Verità parziale, come parziali restano i sondaggi, secondo cui il No sarebbe di nuovo sopra. Di un soffio. Complice l'intervento della Regina, inusuale e di un certo impatto anche a Edimburgo.

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