Jelena Guskova, storica russa, membra dell’Accademia Serba delle Scienze e delle Arti nonché parlamentare al Senato della Republika Sprska ha reso noto che agosto sarà un mese caldo per possibili attentati jihadisti in Serbia ma anche in quelle zone dei Balcani dove sono presenti serbi e cristiani, in Bosnia, Sangiaccato, Montenegro, Macedonia e Kosovo.
Sempre secondo la Guskova, durante le operazioni anti terrorismo della polizia serba e macedone, alcuni gruppi potrebbero avere tutto l’interesse che restino uccisi civili albanesi, per giustificare poi una reazione degli estremisti con la scusante di “correre in aiuto dei vulnerabili fratelli”.
L’accademica russa ha poi precisato che nei Balcani sono presenti gruppi ideologicamente legati all’ISIS e il flusso di immigrati giunti nei Balcani dal Medio Oriente non è affatto rassicurante. L’infiltrazione turca e saudita in Bosnia è stata ampiamente documentata dal giornalista e reporter di guerra Fausto Biloslavo che, recatosi in loco, ha illustrato come siano spuntati numerosi minareti finanziati dalla Turchia e come i sauditi abbiano finanziato la più grande moschea, wahhabita, dei Balcani: “Per filmarla avremmo bisogno di un permesso dell’ambasciata saudita. Quasi tutti dai guardiani, ai venditori all’ingresso portano il barbone lungo ed i baffi rasati tipico dei salafiti. La moschea è un centro wahabita, i duri e puri dell’Islam del regno del Golfo. Sulle bancarelle vendono il velo per le donne, copie del Corano, ma espongono pure con orgoglio la bandiera verde con la scimitarra dell’Arabia Saudita”.
Biloslavo ha inoltre spiegato che nel sobborgo di Ad Ilidza facoltosi individui provenienti dal Golfo hanno acquistato una trentina di villette bianche intestate alla società Ard al-Jazeera. Sono iniziate ad apparire sempre più frequentemente donne con niqab nero che parlano solo arabo e i ristoranti locali hanno provveduto a preparare menu in arabo. I kuwaitiani hanno poi aperto più di 200 società a Sarajevo e nei dintorni.
La Guskova ha invece tenuto a ricordare quanto detto dal presidente della Republika Sprska, Milorad Dodik, secondo cui a Sarajevo sarebbero in costruzione altri 3.400 appartamenti destinati agli arabi. Se dunque i “mujahideen” reduci dell’Afghanistan non riuscirono con le armi a fare della Bosnia l’avamposto jihadista in Europa, pare che il flusso di soldi dal Golfo stia invece dando dei frutti.
Le preoccupazioni dei serbi sono più che legittime: è evidente il tentativo da parte dei sauditi di infiltrare i Balcani per imporre l’ideologia wahhabita in una zona dove l’Islam è sempre stato moderato e molto più vicino al Sufismo. Non a caso da quando il wahhabismo si è infiltrato nei Balcani, in seguito agli accordi di Dayton del 1995, attraverso quel processo multi-fase che io definisco “Spirale Balcanica”, gli attacchi nei confronti di Sufi, Bektashi, musulmani sunniti moderati e cristiani ortodossi sono incrementati. Basti pensare alla tekke Bektashi di Tetovo, in Macedonia, più volte presa d’assalto dai wahhabiti.
A fine aprile a Zvornik, nella Bosnia orientale, il venticinquenne radicalizzato Nerdin Ibric ha attaccato una stazione di polizia, uccidendo un agente e ferendone due, prima di essere a sua volta ucciso. La SIPA, ha successivamente arrestato Avdulah Hasanovic, membro di un gruppo wahhabita e reduce dalla Siria, con cui l’attentatore sarebbe stato in contatto nei mesi precedenti all’attentato.
Vi sono poi Kosovo e Macedonia, dove alcune fonti hanno indicato la presenza di veterani della jihad in Siria tra le file dei nazionalisti albanesi vicini a UCK e KLA, che potrebbero aver addirittura partecipato alle sommosse di Kumanovo dello scorso maggio. Una convergenza che non sorprende, visto che anche in Toscana, dove sono presenti alcuni focolai di jihadismo legati ad ambienti albanesi, kosovari e macedoni, sono stati segnalati personaggi che fondono islamismo e nazionalismo albanese. Una mistura estremamente pericolosa che rischia di incendiare nuovamente i Balcani meridionali.
Un ulteriore problema sono poi i finanziamenti provenienti dal Golfo e diretti ai centri islamici wahhabiti nei Balcani, dove operano propagandisti e reclutatori pronti a sfruttare le drammatiche condizioni economiche degli strati sociali più disagiati per trascinarli verso l’ideologia jihadista, spesso con il supporto di discreti contributi economici.
Per combattere il dilagare del wahhabismo è dunque essenziale tagliare i flussi di denaro, chiudere le ONG sospette e rilanciare occupazione ed istruzione. Serve inoltre una maggior presenza dello Stato in quanto dove le istituzioni sono assenti è più facile che il radicalismo faccia breccia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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