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Soros, pericoloso demagogo di sinistra con il cuore d'oro

Grazie ai 32 miliardi di dollari trasferiti da Open Society ha fatto un certo numero di cose buone e un numero forse ancora superiore di cose cattive

Soros, pericoloso demagogo di sinistra con il cuore d'oro

Per dibattere a fondo se George Soros, 87 anni, cittadino ungherese di origine ebraica (rinnegata con cambio di cognome, per salvarsi dai nazisti) e naturalizzato americano è un filantropo illuminato o un pericoloso mestatore, uno speculatore senza scrupoli o un genio della finanza, non basterebbe un libro. Grazie ai 32 miliardi di dollari trasferiti nel corso degli anni alla sua «Fondazione per una società aperta» e alle sue innumerevoli filiazioni, ha fatto un certo numero di cose buone e un numero forse ancora superiore di cose cattive.

Tra le prime, bisogna ricordare il contributo dato alla caduta del comunismo nell'Europa orientale attraverso gli aiuti a Solidarnosc, Sakharov e Carta77; un aiuto decisivo alla rivoluzione delle rose in Georgia; generosi finanziamenti ai bambini poveri dello Stato di New York e dell'Africa; la fondazione di organizzazioni non governative per la promozione di democrazia e diritti umani in decine di Paesi totalitari.

Tra quelle cattive, le spregiudicate speculazioni contro la sterlina inglese, la lira italiana e le monete di Malaysia e Thailandia che hanno fatto perdere somme enormi alle rispettive Nazioni; una velenosa campagna contro Israele attraverso la fondazione di organizzazioni favorevoli al boicottaggio che negano addirittura il diritto del Paese a difendersi; le occulte interferenze nella politica di vari Paesi (tra cui il nostro) con obbiettivi diversi da quelli perseguiti dai governi. Si batte anche per la liberalizzazione della marijuana e il suicidio assistito. Tutta la sua attività pubblica è stata ispirata a una ideologia di sinistra, che ha indotto i conservatori americani a considerarlo «il più pericolo demagogo di sinistra che operi nel Paese»: infatti ha investito milioni nella campagna contro George Bush, di cui condannava la guerra totale al terrorismo, ha finanziato generosamente sia Obama sia Hillary Clinton e si batte (un po' come fa, per vie più traverse, in Italia) per una completa liberalizzazione dell'immigrazione. È anche un irriducibile avversario di Trump. Nei suoi innumerevoli scritti, si è autodefinito talvolta «una figura messianica», a dimostrazione del suo smisurato ego di 19º uomo più ricco del modo.

Ora sostiene varie tesi controverse: che l'Europa è sotto attacco della Russia, che la Cina ha ormai superato l'America e (la più inquietante) che siamo alla vigilia di un'altra crisi finanziaria come quella del 2008.

Speriamo che almeno in questo caso l'uomo, che grazie al suo intuito ha guadagnato con gli hedge fund decine di miliardi di dollari, stia prendendo una cantonata.

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